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Pelle e sole, l’esperto risponde...


Arriva l'estate e, puntualmente, si scatena la corsa alla tintarella. Vere e proprie sessioni di esposizione al sole senza crema e nelle ore più calde per poter sfoggiare un colorito invidiabile. "Sono solo due settimane, voglio fare un pieno" è lo slogan delle donne e degli uomini "lucertola". Ma se da un lato è legittimo desiderare di abbronzarsi, dall'altro non ci si prende mai sufficientemente cura della propria pelle, sottovalutando la potenza dei raggi del sole che hanno conseguenze decisamente più pericolose di quello che normalmente si crede. Senza fare allarmismi, abbiamo chiesto qualche suggerimento ad Alessandra Di Benedetto, dermatologa di Milano.

Cominciamo da un luogo comune: per prepararsi meglio al sole è utile mangiare carote e frutta rossa?
Di sicuro i carotenoidi danno alla pelle un filtro maggiore che è il pigmento arancione, quindi è un'alternativa di assorbimento dell'ultravioletto. In generale la frutta rossa, i pomodori, fanno sì che la pelle si pigmenti leggermente di questi coloranti che comunque
aiutano a fare da schermo. Il problema, piuttosto, è che per avere un filtro davvero efficace all'ultravioletto bisognerebbe mangiarne quantità industriali.

Quali sono le creme solari migliori?
Come merceologia dipende dai componenti: se una persona è, per esempio, allergica alle graminacee o ai pollini, è consigliabile che utilizzi delle creme senza estratti vegetali; chi invece fosse allergico al nichel, deve prestare attenzione che non sia presente nel prodotto che acquista. Ma queste sono regole generali che valgono un po' per tutti i tipi di creme. Per i foto protettori, in particolare, il filtro è fondamentale: oltre a proteggere nei confronti dell'ultravioletto B che è è il raggio che si percepisce a livello di calore e di rossore, infatti bisogna difendersi dall'ultravioletto A evitare scottature sulla base della considerazione che il classico eritema solare è già considerare come un'ustione anulare. che poi, di fatto, è quello che alla lunga provoca i tumori ma che nell'immediato non avvertiamo perché non scalda né fa diventare rossi ma è costante durante tutte le ore di luce. Per questo i dermatologi consigliano filtri di protezione alti, da "30" in su, per evitare scottature sulla base della considerazione che il classico eritema solare è già considerare come un'ustione anulare.

E chi si mette la protezione "6" sentendosi al sicuro?
Sbaglia. È del tutto inutile: si potrebbe mettere anche la crema idratante o addirittura niente e avrebbe lo stesso non-effetto. Le linee farmaceutiche o dermocosmetiche che vengono prescritte dai dermatologi non propongono mai filtri inferiori al "30" proprio perché, soprattutto rispetto all'ultravioletto A, con protezioni basse non si è coperti in alcun modo. Tra gli altri luoghi comuni diffusi sulle spiagge di tutto il mondo c'è quello per cui, dopo tre giorni di crema, ci si convince che la pelle si sia ormai abituata al sole e quindi ci si espone senza filtri. Ci si abitua davvero?
Assolutamento no. Ed è un errore ricorrente.

Nemmeno chi si vanta di avere la "pelle di coccodrillo" che non si scotta mai?
Può essere vero che ci sono soggetti che in acuto non presentano eritemi, bolle, vescicole ma alla lunga sono gli stessi a cui spuntano le lentiggini che sono il primo segno evidente di foto danneggiamento e poi possono anche incorrere in tumori della pelle che non sono prerogativa di chi è, per esempio, albino, ma anzi vengono a chi si scotta di più.

Cosa sono le lentiggini e perché aumentano in chi prende il sole?
Tecnicamente sono dei depositi di melanina stimolati dal sole, anche eccessivo: per questo motivo sono considerate il primo sintomo di un foto danneggiamento. In pratica quando in un certo senso la pelle va in "over" di irraggiamento crea un'interposizione tra l'epidermide normale e l'ultravioletto che è il deposito di melanina, cioè la macchia scura che permette di assorbire di più l'ultravioletto stesso. La lentiggine, quindi, è come la cicatrice di un'ustione. I "rossi", per esempio, che hanno una melanina particolare hanno le lentiggini che sono una sorta di schermo naturale proprio perché la loro pelle di base non è predisposta per essere protetta nei confronti dell'ultravioletto. Chi ha lentiggini costituzionali è più facilmente foto vulnerabile, ma anche chi le ha in seguito alle scottature solari deve cautelarsi sempre utilizzando la protezione massima.

Chi ha delle cicatrici come si deve comportare?
Intanto bisogna fare una distinzione tra quelle fresche e quelle "antiche". Le prime, trattandosi di un tessuto neonato, rischiano di macchiarsi: la cicatrice può pigmentarsi diventando rossa-bordeaux o beige. Inoltre, essendo un tessuto immaturo, se vengono ustionate al sole c'è il rischio di un riarrangiamento del dna nelle cellule che significa, con maggiori probabilità, un tumore. Per proteggersi esistono in commercio formulazioni cosmetiche, per esempio sotto forma di stick, che garantiscono protezione assoluta per le cosiddette zone sensibili. Le cicatrici chirurgiche o da trauma sono un terreno più vulnerabile per eventuali degenerazioni nei primi sei mesi, poi si consolidano.
Cambiamo capitolo: nei e macchie. Cosa fare?
Intanto va detto che mettersi la crema solo nei punti che si ritiene siano più vulnerabili è una sciocchezza. In realtà, il neo è più protetto della pelle non pigmentata: bisogna mettersi la crema in modo uniforme. Discorso diverse per le classiche "macchie marroni": in alcuni casi, per le donne, spariscono dopo la gravidanza, in altre rimangono. In questi casi bisogna evitare assolutamente che il sole vada a incidere perché è una zona che ha una capacità di accettare l'ultravioletto molto maggiore.

E che legame c'è tra tatuaggi e sole?
Personalmente il rischio principale che vedo è relativo ai tatuaggi realizzati con pigmenti vegetali o l'henné che possono provocare foto dermatiti. Altrimenti le precauzioni da prendere non sono molto diverse da chi un tatuaggio non ce l'ha. Altri suggerimenti? A volte non si leggono con attenzione i foglietti illustrativi dei medicinali: alcuni di questi, infatti, come certi diuretici o alcuni antibiotici sono foto sensibilizzanti rendendo la pelle più vulnerabile rispetto a macchie.


Ogni anno 1000 morti improvvise tra giovani che fanno sport…

Roma  - Un arresto cardiaco durante una partita di calcetto dopo la scuola. E' spesso il drammatico epilogo di tragedie che vedono come protagonista la morte improvvisa. Ogni anno sono 1.000 gli under 35 in Italia ad essere vittime di un 'crack' letale cardiaco. Mentre nella popolazione adulta i decessi arrivano a 50.000. "Le cause più frequenti di queste morti cardiovascolari - afferma all'Adnkronos Salute Francesco Fedele, direttore del Dipartimento delle malattie cardiovascolari e respiratorie dell'università Sapienza di Roma - possono essere anomalie strutturali del cuore, per esempio molto frequenti sono la miocardiopatia ipertrofica, la displasia del ventricolo sinistro e le anomalie delle coronarie". L'arma a disposizione degli esperti per prevenire questo tipo di cedimenti improvvisi del cuore è "lo screening elettrocardiografico tra i ragazzi - precisa Fedele - che può aiutare a scoprire anche a 10-12 anni gravi patologie spesso non manifeste". A rivelare la necessità di questi interventi è il lavoro contenuto nel libro 'Il cuore dei giovani' (L'asino d'oro Edizioni), da oggi in libreria, firmato da Fedele, che attraverso un linguaggio accessibile a tutti spiega cosa fare per evitare queste tragedie. Un lavoro che parte dai risultati dei 10 mila esami diagnostici effettuati tra i ragazzi delle scuole secondarie italiane, tra i 16 e 18 anni, nell'indagine promossa dalla Fondazione italiana cuore e circolazione onlus e dal ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca tra il 2010 e il 2012.  Lo studio ha svelato che per uno studente su cinque (21% dei casi) i medici hanno ritenuto necessario "l'ulteriore svolgimento di approfondimenti diagnostici come: il test sotto sforzo e l'Ecg holter. Ma solo nell'1% dei ragazzi sono state riscontrate patologie più serie che hanno richiesto esami come la risonanza magnetica", sottolinea l'esperto. "Il progetto 'A scuola di cuore' - osserva Fedele - ci ha rivelato che la sola attestazione di un semplice certificato di sana e robusta costituzione sia del tutto insufficiente nell'evidenziare cardiopatie occulte che spesso sono pericolose anche nello svolgimento dello sport amatoriale. Sarebbe invece opportuno - avverte lo specialista - anche già nell'ultimo anno delle scuole medie nel primo delle superiori sottoporre i ragazzi ad un elettrocardiogramma così da evidenziare premature e pericolose problematiche cardiache". Il progetto prevede inoltre anche attività di formazione agli studenti e ai docenti (243 professori e 246 studenti provenienti da 117 scuole delle regioni Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Lazio, Molise, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna) alla rianimazione cardio-polmonare di base e all'uso del defibrillatore semi-automatico.

Terapia con staminali, cura dagli effetti miracolosi o strumento ancora imperfetto?

Nelle ultime settimane ha commosso l'opinione pubblica la storia di Celeste, bambina di due anni malata di atrofia muscolare spinale a cui una terapia sperimentale a base di staminali ha dato nuove speranze. A maggio l'Agenzia del Farmaco ha sospeso le cure e ora si attende la decisione del Tribunale per capire se potrà continuarle anche in futuro. Quello di Celeste però non è un caso isolato. Questo nuovo appuntamento con Agorà si propone di fare chiarezza sulle normative e sui risvolti etici delle terapie a base di staminali.
 In collaborazione con IlSussidiario.net ecco le opinioni a confronto di Marino Andolina, il medico che ha iniziato le terapie a Celeste e di Giulio Cossu, Department of Cell and Developmental Biology, University College London, Co-presidente dell'Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica e Riccardo Conti, Staff Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica.

di Marino Andolina,
medico che ha iniziato le terapie a Celeste

Le cellule staminali sono di natura diversa. Ci sono quelle staminali emopoietiche che permettono i trapianti di midollo, sangue placentare e sangue periferico nella leucemia. Ci sono le embrionali potentissime, nemiche di Madre Chiesa, pericolose per la possibilità di produrre un tumore, e le Ips, altrettanto pericolose ma oggetto di interessanti ricerche. Ci sono infine le staminali adulte, ovvero mesenchimali, che noi utilizziamo per malattie autoimmuni, rigetti di trapianti, malattie neurodegenerative. Celeste è affetta da SMA1 (atrofia muscolare spinale), malattia rapidamente mortale dopo una fase ingravescente di paralisi.  Quando l’ho conosciuta era incapace di muovere un solo muscolo e aveva apparentemente poco da vivere. Una giudice di Venezia accolse la richiesta della famiglia che voleva che io la curassi, contro il parere dell’istituto in cui lavoravo, il Burlo Garofolo di Trieste, ma permise solo una cura con cellule prodotte nel laboratorio GMP (di tipo farmaceutico) di Brescia. L’effetto della cura fu sorprendente: la bambina riprese a muovere braccia e gambe, e la malattia non proseguì uccidendola, come avrebbe dovuto. Le cellule mesenchimali utilizzate probabilmente bloccavano l’apoptosi, ossia la morte programmata delle cellule nervose, ma non curavano realmente la malattia, e l’effetto durava non più di un mese.  Anche questi effetti parziali hanno suscitato la reazione scomposta dei luminari di riferimento di Uildm e Famiglie SMA, due associazioni che si occupano di malati di distrofia muscolare: il pensiero va ad un famoso esperto di riferimento cui una famiglia disperata si rivolge per sapere se esiste una cura per il proprio figlio condannato a morte: quello risponde che non c’è alcuna cura e che bisogna accettare il destino. Il termine tecnico è “accompagnamento”, qualcosa di molto vicino all’eutanasia passiva. Il bambino muore e successivamente i genitori vedono sul TG2 che un tale dottor Andolina cura le SMA. I genitori tornano dal luminare con la pistola in mano, e quello non può difendersi se non accusandomi di essere un truffatore.
Negli ultimi mesi la famiglia di Celeste per le cure della bambina fa riferimento all’ospedale di Brescia dove viene attuata una terapia con staminali manipolate secondo la metodica della Fondazione Stamina con cui ora collaboro. Tale terapia viene attuata seguendo le regole del decreto 5/12/2006 del ministro della Salute Livia Turco, reiterato dal suo successore Ferruccio Fazio nel 2008. Il decreto definisce possibile l’attuazione di una terapia con staminali se esiste un pericolo di vita per il paziente.
Il Comitato Etico dell’ospedale di Brescia dà l’autorizzazione e quindi si espianta il midollo della madre per produrre le cellule staminali che vengono poi iniettate a Celeste per via lombare con una iniezione intratecale. Dopo un mese dall’intervento, la bambina migliora. Dopo la terza iniezione il miglioramento della funzione neuro-muscolare della bambina è netto. La terapia viene interrotta dai NAS di Torino inviati dal magistrato Raffaele Guariniello e dall’AIFA, l’Agenzia italiana per il farmaco. La famiglia ricorre al tribunale di Venezia per ottenere la ripresa delle cure: una nuova iniezione viene autorizzata e praticata a Brescia. La battaglia della Fondazione Stamina è una battaglia per la legalità. Esiste una legge (il Dm 2006) che permette una cura, esiste una metodica che risulta efficace, come testimoniato da specialisti di Trieste, Brescia e Catania. Fermarci potrebbe raffigurarsi come un crimine simile all’omicidio per dolo eventuale, reato tanto caro al dottor Guariniello.

di Giulio Cossu e Riccardo Conti,

l'Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica

I malati e le famiglie non hanno bisogno di illusioni, ma di una scienza certa e una ricerca libera. Grazie alla loro prodigiosa capacità di moltiplicarsi, nell'ultimo decennio le cellule staminali si sono ritagliate un ruolo di prima linea nella medicina e nell'informazione mediatica che parla di medicina. La scienza, però, viaggia a un passo più lento, e secondo dettami più rigorosi, della speranza. Dieci anni di studi hanno permesso di svelare molti aspetti fondamentali delle cellule staminali e di avviare i primi esperimenti sull'uomo, ma nessun paziente paralizzato si è ancora alzato. In questa differenza di passo tra la prudenza della medicina e la fretta di pazienti senza prospettive di cura si sono inserite le "cliniche della speranza", istituti spesso privi dei permessi necessari per effettuare trattamenti ad alto rischio, che a prezzi vertiginosi promettono cure per ogni tipologia di male. In tre ambiti, in Italia, è consentito l'uso terapeutico di cellule staminali adulte: le leucemie, le ustioni della pelle e le ustioni della cornea. Poi ci sono le sperimentazioni. La normativa italiana sulla terapia genica e cellulare somatica con preparazioni non autorizzate all'immissione in commercio, dunque anche con le cellule staminali, prevede un iter ben preciso, rigido e stringente per gli IRCSS e gli ospedali pubblici. Il centro interessato deve presentare una documentazione piuttosto articolata all'Istituto superiore di sanità e al suo comitato etico: deve produrre documenti che dimostrino l'efficacia del trattamento su modelli animali, la documentazione di un istituto autorizzato dal Ministero della Salute e diverso da quello che farà la sperimentazione che comprovi che il farmaco o la terapia non è tossica, anche in dosi maggiori di quelle che andranno somministrate al paziente.
Bisogna inoltre presentare la documentazione sul prodotto medicinale dell'azienda, o dell'istituto autorizzato come officina medicinale: sono necessari determinati requisiti su personale, locali e tracciabilità dei prodotti, che fanno lievitare i costi della terapia, e l'investigator brochure, una sorta di bugiardino. Se l'ISS e il comitato etico danno il loro ok, la sperimentazione parte. I costi dovranno essere sostenuti con fondi trovati dalla struttura sperimentatrice, ad esempio presso la Comunità europea o tramite le associazioni dei pazienti; mai direttamente dai pazienti, altrimenti non ci sarebbe differenza con una struttura privata.
In un Paese, il nostro, che inevitabilmente porta ad enfatizzare i risultati della ricerca sulle cellule staminali adulte, laddove la legge 40 del 2004 ha sbarrato un'altra strada, quella della ricerca sulle cellule staminali embrionali, il caso di Celeste pone di fronte all'ennesimo e quanto mai tragico caso di famiglia disperata e pronta a tutto. Ma la domanda-chiave resta: dove sono i riscontri sulla scientificità della terapia cui Celeste è sottoposta? Tutti lavoriamo per accrescere la speranza, ma questa deve fondarsi sulla base di prove documentate che si accumulano. Se non ci sono evidenze scientifiche e cliniche dimostrabili, stiamo parlando di nulla. Altrimenti chiudiamo le facoltà di Medicina.
La medicina, le procedure sperimentali e i controlli servono proprio a cercare le prove dell'efficacia di un trattamento, che devono essere documentate, pubbliche e riproducibili da altri: è un dovere di chi sperimenta raccogliere i risultati affinché questi possano essere valutati dalla comunità medica e scientifica. Né può passare l'equazione staminali uguale cura, perché non è così. E chi lavora nel campo ha il dovere di ammettere i limiti della conoscenza che ogni giorno dobbiamo superare per dare più informazioni possibili ai pazienti e ai loro familiari che vivono situazioni di disperazione.  Diffondere illusioni fa male, prima di tutto a loro.


Come usare l’oppio per combattere i tumori

Produrre composti antitumorali sfruttando il dna dell'oppio. Le basi di questa idea sono spiegate su Science, in uno studio del Centre for Novel Agricultural Products dell' Università di York e dei laboratori australiani della farmaceutica GlaxoSmithKline; in particolare vi sono descritti il meccanismo e i geni — 10 in tutto — grazie ai quali il fiore dell'oppio (Papaver somniferum), solitamente coltivato per ottenere farmaci e stupefacenti, sintetizza la noscapina, un alcaloide già noto per le sue proprietà antitumorali. La noscapina, isolata dal papavero dell'oppio nel 1817, è usata da almeno 50 anni per la sua efficacia come antitosse. I suoi effetti su molti tipi di cancro sono stati invece dimostrati dal 1998, e sono legati alla capacità di bloccare la divisione delle cellule, inducendone la morte programmata (apoptosi). Malgrado la noscapina funzioni meglio di altre molecole tradizionalmente usate in chemioterapia (vedi i taxani), ad oggi non si conosce il procedimento per sintetizzarla in modo efficiente (ed economico) in laboratorio, per avviarne una produzione su larga scala. È per questo che lo studio dei ricercatori di York e di Gsk potrebbe rivelarsi molto importante. Gli scienziati, guidati da Thilo Winzer, sono partiti dal papavero dell'oppio della Tasmania, la varietà caratterizzata dai più alti valori di noscapina, e hanno osservato che essa esprimeva un certo numero di geni assenti nei papaveri privi della sostanza. Quindi hanno incrociato le varietà, per comprendere come questi geni venissero ereditati. La risposta è: tutti insieme. A quel punto, il cluster genico è stato isolato, clonato e sequenziato. Inasp ettatamente, è risultato essere, da solo, responsabile di tutti i processi di biosintesi della noscapina: " Questa stringa codificante - afferma Winzer - se presente in doppia copia nel genoma, porta la pianta a produrre alti livelli di noscapina; se invece ve n'è un a sola copia, la quantità di principio attivo prodotta è inferiore"." Con questa sola scoperta siamo ora in grado di realizzare uno schema della via metabolica della molecola. Di solito servono anni di ricerche", ha aggiunto Ian Graham, direttore del centro dell'ateneo inglese, ammettendo la fortuna sfacciata di questo studio. Su queste preziose informazioni, che serviranno per avviare una produzione più efficiente della pianta e della noscapina, potrà contare un domani la lotta ai tumori.


Salute: al via la "Settimana del  cervello", allenarlo per non farlo ammalare...

Milano - "Allenare la mente oggi per proteggere il cervello domani". E' il motto della Settimana mondiale del cervello che si celebra dal 12 al 18 marzo. 'Mens sana in corpore sano' è il tema attorno al quale ruoterà l'edizione 2012 dell'iniziativa, co-promossa da European Dana Alliance for the Brain in Europa e Dana Alliance for Brain negli Usa, e organizzata in Italia dalla Società italiana di neurologia (Sin). Nella Penisola sono in programma incontri di informazione e sensibilizzazione su tutto il territorio nazionale. Eventi su misura per ogni età, compresi lezioni e giochi per gli studenti delle scuole elementari e medie. "Non si tratta di un evento formale - sottolinea Giancarlo Comi, presidente della Sin - bensì, di un richiamo alla assoluta peculiarità dell'organo di cui ci occupiamo. Riteniamo che la neurologia abbia un ruolo del tutto sottostimato nel nostro Paese, e l'obiettivo della Settimana mondiale del cervello è proprio quello di fare in modo che tutta la comunità conosca e capisca cos'è la neurologia e quali sono le patologie di cui si occupa". Quando si parla di cervello si evocano numerosi concetti: il pensiero razionale, le emozioni, l'inconscio e la coscienza, le capacità cognitive, le percezioni della realtà e il modo in cui la interpretiamo. "Un unicum governato dal nostro bagaglio genetico, dalle scintille elettriche che accendono i circuiti neuronali, dal cibo, dalla cultura e dall'ambiente", spiega il genetista Edoardo Boncinelli, fra i relatori dell'evento di apertura della Settimana, l'appuntamento 'Mente, psiche, coscienza: quanto è libero il cervello?', in programma lunedì a Milano (Teatro Franco Parenti, ore 18)  Fra le domande alle quali gli esperti cercheranno di rispondere c'è il rapporto tra tempo e cervello. Come facciamo a valutare il tempo che passa e quanto siamo precisi? Cosa sono i neuroni orologio? E' possibile rintracciare in natura, fra gli animali e nell'uomo, degli orologi biologici perfetti? Secondo gli ultimi studi sul fronte delle neuroscienze - ricorda una nota - utilizziamo diversi orologi interni che ci permettono di scandire finestre temporali che dai mille secondi ai minuti; orologi che quando invecchiamo diventano sempre meno precisi, e che in particolari persone come gli atleti o i pianisti possono raggiungere livelli di eccezionale precisione. Ma gli specialisti si confronteranno anche sui problemi di sonno e umore, su ansia e stress, e sul tema delle dipendenze: da quelle da cibo fino al gioco d'azzardo compulsivo tipico della ludopatia, patologia classificata nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali quale disturbo del controllo degli impulsi.


Natale in tavola: istruzioni per l'uso...

Prepararsi al cenone, ridurre l’introito calorico del pranzo in famiglia, farsi un’idea dell’apporto energetico di pandoro e torrone. Ecco tutto quello che bisogna sapere per sopravvivere alle esagerazioni culinarie delle festività. Le vetrine dei negozi sono popolate di decorazioni e il pensiero vola inevitabilmente alle lunghe ore che trascorreremo a tavola in occasione del Natale. Ore potenzialmente “letali” per la linea e, ancor più, per la salute, a meno che, senza bisogno di pretendere da se stessi sacrifici titanici, non si metta in atto qualche piccola strategia. Arrivare preparati - Il primo passo per limitare le conseguenze degli eccessi (di gola e di pigrizia) dei giorni di festa è molto semplice: arrivare preparati. Come? Limitando le calorie nei giorni che precedono il Natale. Niente di drastico, è sufficiente scendere intorno alle 1500 calorie già da subito, facendo uno sforzo in più la settimana immediatamente precedente per scendere a 1200-1300. La raccomandazione è, ovviamente, quella di non ridurre i  cibi che apportano nutrienti, quali vitamine e proteine, ma  di tagliare le calorie cosiddette inutili, ossia quelle che ci forniscono torte, alcol, snack golosi e bevande zuccherate. E per far funzionare il tutto non sarà male nemmeno cercare di fare un po’ di movimento: anche qui nessuno pretende sessioni massacranti in palestra, ma passeggiate a passo sostenuto o semplici esercizi da eseguire a casa. Bastano pochi minuti, purché si trasformi in un’abitudine quotidiana.  

Nei giorni di festa - Una volta arrivati in forma perfetta ai cenoni tradizionali, potremo limitare i danni seguendo un decalogo diffuso (già lo scorso anno, ma resta sempre valido!) proprio a questo scopo dagli esperti dell’Osservatorio Nazionale Grana Padano, oltre 2mila tra dietisti, medici di base, medici specialisti e pediatri guidato da un comitato scientifico. Ecco le dieci regole da tenere a mente:

1. Non fate mai mancare sulla tavola natalizia abbondanti caraffe di acqua, naturale o frizzante, e limitate il consumo di bibite e bevande alcoliche;

2. Se si dovete preparare un soffritto, anziché usare burro od olio, è consigliabile far rosolare aglio e cipolla con vino bianco (l’alcool evapora con la cottura) o brodo sgrassato;

3. Per carne, pesce e verdure sono da preferire le cotture al vapore, alla piastra, alla griglia o al forno, evitando le fritture;

4. Condite utilizzando olio di oliva extravergine a crudo, dosandolo sempre con il cucchiaio anziché versandolo direttamente dalla bottiglia. Per limitare la quantità di olio necessaria, si possono utilizzare liberamente l’aceto (anche balsamico) o il limone;

5. Prediligete il pesce piuttosto che la carne, e scegliete ricette che prevedano l’utilizzo di verdure, alimenti integrali e legumi nella loro preparazione;

6. Non eccedete con i salumi, gli antipasti elaborati e i formaggi grassi, soprattutto nella preparazione dei piatti;

7. Limitate l’uso del sale per insaporire i piatti, cercando invece di esaltare il gusto naturale degli alimenti con spezie ed erbe aromatiche;

8. Al posto del dolce, si possono proporre colorate macedonie di frutta o sorbetti alla frutta a base d’acqua (senza panna né latte);

9. Non dimenticate di fare attività fisica, soprattutto aerobica, ricordando di spostarsi preferibilmente a piedi e preferendo le scale al posto dell’ascensore;

10. È normale che durante le feste si provi il desiderio di mangiare cibi “proibiti”. Ecco una regola d’oro: meglio concedersi gli alimenti ipercalorici graditi solo durante la giornata di Natale e durante il pranzo o il cenone di Capodanno; durante tutte le altre giornate del periodo delle festività, seguite invece un’alimentazione corretta, senza eccessi. Più prudente degli altri dovrà essere chi sa già di soffrire di ipercolesterolemia, fattore di rischio per le malattie cardiovascolari, ma attività fisica e una dieta ricca di amido e fibre – ovvero pane, cereali e vegetali –  è consigliata a tutti per tenere a bada il cosiddetto colesterolo cattivo.

Cifre da tenere a mente ...

Per agevolare il contenimento delle calorie ingerite può, inoltre, essere d’aiuto tenere bene a mente l’apporto energetico dei principali peccati di gola natalizi. Ecco quindi per voi qualche numero (a volte impressionante) da ricordare per regolarsi, almeno, sulle quantità. Partendo dagli antipasti, l’immancabile insalata russa ha già circa 315 calorie per 100 grammi. I classici tortellini hanno poi, di per sé, 300 calorie, sempre per 100 grammi, mentre il cappone ripieno si attesta sulle 530 a porzione. Ma il pezzo forte, lo immaginerete, arriva a fine pranzo. Un etto di dolcezza offre cifre da capogiro. Ecco l’apporto energetico medio per 100 grammi dei principali dessert natalizi:

torrone alla mandorla: 479 kcal - torrone al cioccolato 500 kcal - pandoro 400 kcal - panettone 333 kcal - cioccolato al latte con nocciole: 543 kcal , e  non dimenticate il capitolo alcolici. Lo spumante conta 87 calorie per 100 grammi (mezzo bicchiere circa), e il conto sale di molto se si aggiungono i superalcolici.


I cibi che potrebbero contribuire al rischio di ictus

Non molte malattie sono diffuse e pericolose come l'ictus, una patologia che può colpire da un momento all'altro anche improvvisamente. La paura di un ictus è sicuramente fondata dato l'alto numero di persone colpite ogni anno: 4200 solo in Italia circa. Le sindromi vascolari acute come l'ictus, insieme alle malattie cardiovascolari, rappresentano nel nostro Paese il 40% delle morti annuali e sono la prima causa di decesso. La soluzione è sicuramente la prevenzione, riservando un'attenzione particolare alla nostra alimentazione quotidiana. Di seguito vi indichiamo 5 alimenti che potrebbero contribuire al rischio di ictus.

1. Crackers, patatine, merendine confezionate e alcuni prodotti da forno
Muffins, merendine, patatine, crackers e molti altri snack contenenti grassi transgenici, oli idrogenati e conservanti hanno un effetto negativo sull'organismo. Queste sostanze generalmente le troviamo in tutti i tipi di snack, nei prodotti congelati e in alcuni prodotti da forno, includendo pop corn da preparare al microonde, condimenti per insalate, alcuni ripieni per alimenti, patatine fritte, torte e soprattutto guarnizioni varie. È anche la margarina a rendere questi cibi dannosi per la nostra salute. Senza contare, poi, gli alimenti che mangiamo nei fast food: anelli di cipolla fritti, patatine e pollo fritto.

Perché sono da evitare?
Per diversi anni molti ricercatori si sono dedicati allo studio dei grassi transgenici, catalogandoli come un serio pericolo per la formazione di coaguli nel sangue, aumentando le concentrazioni di grassi, del cattivo colesterolo nel sangue e comportando un abbassamento di quello buono.
Inoltre recenti ricerche hanno rilevato che i grassi transgenici promuovono l'infiammazione e gli alti livelli di proteina C-reattiva, fattori collegati ad un incremento dei rischi di diabete, ictus e infarti.

Come comportarsi?
Lo scopo principale è limitare i grassi transgenici ad 1 o 2 grammi al giorno, o meglio ancora eliminarli del tutto dalla nostra alimentazione. Il nostro consiglio è evitare fast food, snack e torte confezionate e leggere attentamente le etichette. L'ideale sarebbe preparare a casa dei biscotti o altri snack, ma si sa, non sempre riusciamo a trovare il tempo.

2. Carni affumicate e trattate
É risaputo che le carni trattate sono quelle che ci stuzzicano di più. Come fare a dire di no ad un hot dog, una salsiccia, alla pancetta o ad un panino con del tacchino affumicato? Ma le parole che gli esperti continuano a ripetere è: fate attenzione a questi alimenti.

Perché sono da evitare
Le carni affumicate o trattate contribuiscono al rischio ictus in due modi. I processi di conservazione fanno sì che le carni si arricchiscono di sodio ed essendo trattate con particolari conservanti, danneggiano le arterie e i vasi sanguigni. E naturalmente rovinando i vasi sanguigni il rischio di ictus diventa più alto.

Come comportarsi
Se proprio non riuscite ad eliminare completamente i salumi o le carni affumicate, provate almeno a variare la vostra alimentazione.

3. La soda nella propria dieta
Alcune persone sostituiscono le bevande zuccherate con la soda per tenere il proprio peso basso e sotto controllo, il ché è un bene per mantenere il cuore sano. Ma la soda aumenta il rischio di ictus.

Perché è da evitare
Le persone che fanno un abuso di soda, potrebbero un giorno andare incontro al rischio di ictus per il 48%. I ricercatori sono giunti a questa conclusione sulla base di diverse statistiche e indagini, ma non hanno ancora un quadro chiaro sulle motivazioni che provocherebbero l'ictus. È per questo che attualmente si stanno portando avanti una serie di studi a riguardo.

Come comportarsi
In attesa di saperne di più, il consiglio dei nutrizionisti è di evitare di bere soda ogni giorno e di sostituirla con più acqua. Se poi l'acqua proprio non vi piace, potete sempre provare la limonata, il tè freddo o il succo di frutta, bevande gustose e senza insidie.

4. La carne rossa
Fare un consumo elevato di carne rossa sembrerebbe comportare (soprattutto nelle donne) un aumento del rischio di ictus. Questo è il risultato di uno studio effettuato su più di 30.000 donne svedesi che, avendo assunto almeno 102 grammi al giorno di carne rossa, hanno il 42% di probabilità di andare incontro ad un ictus rispetto a quelle che ne hanno consumati meno di 25 grammi ogni giorno.

Perché è da evitare
I ricercatori sanno da tempo che i grassi saturi contenuti nella carne rossa sono causa di ictus e malattie cardiache per un accumulo di proteine nelle arterie. Ora si è scoperto che l'emoglobina, l'ingrediente che dà alla carne rossa il suo alto contenuto di ferro, può rappresentare un serio pericolo in tema di ictus.

Come comportarsi
La soluzione è semplice: basterà sostituire un consumo quotidiano di carne rossa con altri alimenti come pesce, carni bianche, legumi, noci, tofu, che non contengono grassi nocivi.

5. Zuppe in scatola e cibi pronti
Non c'è nulla di più pericoloso per il rischio di ictus che le zuppe in scatola e i cibi pronti. Entrambi sono carichi di sodio e altri conservanti che non sono sicuramente salutari per la nostra salute.

Perché sono da evitare
Il sale o sodio ha una grande influenza sul rischio di ictus. Questo accade principalmente perché il sale aumenta la pressione del sangue, senz'altro la causa principale di ictus. Uno dei recenti studi ha rilevato poi che, le persone che hanno consumato più di 4.000 mg di sodio quotidianamente, sono soggette al doppio dei rischi di coloro che ne hanno assunti 2.000 mg.

Come comportarsi
La soluzione ideale sarebbe preparare in casa zuppe e piatti vari, con un occhio di riguardo agli ingredienti e alla quantità di sale utilizzato. Potreste dividerli in porzioni singole e congelarli. Se, invece, non siete troppo pratici ai fornelli o proprio non riuscite a trovare il tempo, il nostro consiglio è di leggere attentamente le etichette, dal momento che non tutti i prodotti siglati "a basso contenuto di sodio" mantengono fino in fondo questa promessa.


La dieta per pigri

Quando il bottone dei jeans proprio non si allaccia, di solito come prima cosa ricorriamo a qualche esercizio di fitness o stiamo attenti alle calorie che assumiamo durante la giornata.

Alcuni nutrizionisti, però, hanno scoperto qualcosa che potrebbe aiutare a perdere peso ma con il minimo sforzo: 6 efficaci e semplici trucchetti da tenere sempre presente.
Vediamo quali sono:

Assumere un Integratore Multivitaminico.
Evitando le classiche pillole per perdere peso, possiamo prendere in considerazione l'assunzione di un integratore multivitaminico. Sembrerà strano ma vari studi hanno dimostrato che, le persone a dieta che hanno preso un multivitaminico, o hanno perso peso oppure hanno smorzato il loro senso di fame. Alcuni esperti nutrizionisti, infatti, pensano che quando il nostro organismo è carente di vitamine e minerali tendiamo a mangiare di più per compensare questa mancanza. Soprattutto quando si è a dieta, a volte, queste sostanze vengono a mancare e sale il senso di fame. Quindi colmate le vostre carenze con un multivitaminico!

Tenere sotto controllo il tuo peso.
Salire le scale di casa più volte al giorno, non costa poi così tanti sacrifici. Persino alcune ricerche hanno dimostrato che le persone impegnate a farlo regolarmente sono più predisposte a mantenere un peso costante. Le ricerche hanno rilevato poi che, se si tiene sotto controllo il peso si è propensi a non farlo risalire. Nei casi di anoressia, infatti, le persone essendo ossessionate dal loro peso, arrivano a pesarsi addirittura ogni giorno per timore che questo possa aumentare.

Iniziare ogni pasto con una Zuppa o un'Insalata.
Insalate e minestre hanno qualcosa in comune: sono costituiti per la maggior parte di acqua e fibre che si sa, danno quel piacevole senso di sazietà. Se iniziamo i pasti con una minestra o un piatto ricco di verdure è molto più semplice per noi tenere lontana la voglia di mangiare, in particolar modo si rischia meno di assumere troppe calorie. Iniziando il pasto con un'insalata, potremmo riuscire a mangiare il 12% in meno di calorie. Mentre altri studi dimostrano che con una zuppa vegetale prima dei pasti si può evitare addirittura il 20% di calorie!

Non saltare la colazione.
Uno degli errori più frequenti nelle diete fai da te è saltare la colazione. Il primo pasto della giornata, infatti, oltre ad essere indispensabile per il nostro organismo è uno degli sforzi minori che si possono fare per perdere peso. Proprio così, tutte le persone che sono dimagrite non hanno mai trascurato la prima colazione, soprattutto poi mangiando quegli alimenti che stimolano il metabolismo.

Bere acqua prima di mangiare.
Se poco prima di sedervi a tavola siete colti dagli insopportabili morsi della fame, la soluzione è bere acqua. Una ricerca pubblicata sulla rivista «Obesity» nel 2010, sostiene che un gruppo di persone abituate a bere due bicchieri d'acqua prima di un pasto, hanno mangiato di meno (riuscendo quindi a dimagrire) rispetto a quelli che si sono rifiutati.

Comprare le verdure a pezzetti.
Se avete il tempo e la voglia di comprare al supermercato verdure fresche per poi lavarle, tagliarle a pezzi e magari anche surgelarle, siete davvero tanto pazienti e lungimiranti. Ma sicuramente non è un lavoro che richiede pochi sforzi! È per questo che per risparmiare tempo e fatica raccomandiamo di comprare le verdure già pronte e imbustate (a volte sotto vuoto) come le baby-carote, l'insalata in busta e la frutta a pezzi. Avere questi sani alimenti già pronti all'uso e sempre a portata di mano, sarà sicuramente più semplice per voi fare uno spuntino a metà mattinata o nel pomeriggio, così come molte diete prevedono. È normale che per dimagrire generalmente ci si affida ad una dieta specifica. Il sacrificio naturalmente è grande: tenere a bada il senso di fame, scegliere alimenti sani, organizzare i nostri pasti, insomma, gestire il nostro piano dieta. Ma se gli stessi risultati si possono ottenere anche con il minimo sforzo seguendo sei semplici consigli, perché non provare?


Strategie indolore per perdere peso

Dieci semplici accorgimenti per dimagrire senza diete ferree né allenamenti ripetitivi…

Per perdere i chili di troppo, ma non il buon umore, bisogna trovare il giusto approccio a tavola e il metodo migliore per tenersi in movimento senza annoiarsi. Ecco qualche consiglio a prova di pigrizia.
Aggiungi, non sottrarre
Dimenticate le rinunce a tavola, e provate piuttosto ad aumentare la quantità di cibi salutari e gustosi come fragole e ciliegie nella vostra dieta: aggiungere un po’ di frutta a colazione e una bella porzione di verdure fresche al pranzo o alla cena vi farà sentire più sazie e soddisfatte.
Lasciate perdere gli allenamenti ripetitivi

Se la routine da palestra è la vostra peggior nemica, dimenticatela e provate a tenervi in movimento in altri modi: con una pedalata in bicicletta, ballando, lavando l’auto, giocando a frisbee o portando a spasso il cane (vostro o altrui).
Camminando, camminando…
Passeggiare è il modo più semplice di tenersi in forma, e in primavera è ancora più piacevole. Per fare due passi in più, basta fare le scale ogni volta che si può, scendere dall’autobus una o due fermate prima della vostra o parcheggiare l’auto a qualche centinaio di metri dalla vostra destinazione, e portare con voi musica che vi faccia venir voglia di tenere un buon ritmo.
Alleggerite i vostri cibi preferiti
Il modo più semplice per tagliare un po’ di calorie a tavola, sono le   versioni light dei cibi che amate: se volete un gelato, scegliete i gusti alla frutta; provate a ordinare la pizza senza mozzarella, oppure limitate i condimenti; date una chance allo yogurt di soia, molto più leggero di quello tradizionale. E non dimenticate le bevande: cercate la versione light, se proprio non volete rinunciarci.
La giusta idratazione aiuta
Bere un bicchiere d’acqua prima dei pasti vi aiuterà a sentirvi subito meno affamate, e quindi a controllare meglio ciò che mangiate. Tenere acqua o altre bevande ipocaloriche a portata di mano è anche un ottimo modo per sostituire gli snack, e funziona anche davanti al buffet dell’aperitivo. Inoltre, la giusta idratazione vi aiuta a sopportare meglio le fatiche sportive.
Condividere le porzioni
Molti bar, ristoranti e fast food servono porzioni decisamente abbondanti e ammazza - dieta. Anziché rinunciarvi, potete dividerle con un’amica o con il vostro ragazzo: ordinate un solo piatto di patatine fritte per due, oppure scegliete insieme il dessert. Avrete la stessa soddisfazione, e anche qualche euro risparmiato.

Attivi anche davanti alla TV
Se la scelta tra il corso di spinning e il vostro telefilm preferito vi sembra fin troppo scontata, ricordate che non dovete per forza stare ferme sul divano per seguire le avventure dei ragazzi di Glee o delle Desperate Housewives: ballate anche voi le coreografie del Glee Club, fate un po’ di cyclette durante la pubblicità…
Le dimensioni contano
Una piccola porzione in un grande piatto mette tristezza, ma la stessa porzione in un piattino più piccolo fa tutt’altro effetto. Ricordate di applicare questo trucco anche a tazze, bicchieri e posate, ad esempio mangiando il gelato (non direttamente dalla vaschetta!) con un cucchiaino più piccolo del solito: il piacere durerà più a lungo, e lo avrete gustato molto di più.
Tenetevi impegnate
Non pensate sempre e solo alla vostra dieta: tenetevi occupate con qualcosa che non abbia nulla a che fare con il cibo, anche perché è risaputo che gli snack extra si fanno soprattutto per noia. Se invece siete già abbastanza occupate, trovate almeno il tempo di pranzare e cenare a tavola, lontano dallo schermo del computer o della TV, che vi distraggono da ciò che state mangiando.
Mantenere il peso forma
Mantenere il peso forma è molto più facile che smaltire i chili extra, quindi siate costanti nell’osservare queste semplici regole, soprattutto una volta che avrete raggiunto il vostro obiettivo.
Qualche consiglio extra
Cercate di mangiare ogni giorno alla stessa ora (snack inclusi); preparate un menù unico per tutta la famiglia, anziché uno “dietetico” per voi e uno “tradizionale” per gli altri; ricordate che tanti piccoli accorgimenti si sommano e danno un grande risultato.


Le 14 abitudini più dannose per il cuore…

Dalle salsicce alla noia, dal troppo sale alla troppa palestra, tutto quello che bisogna evitare se vuoi girare al largo da problemi cardiovascolari. Le malattie cardiovascolari rappresentano la prima causa di morte in Italia, secondo i dati del Ministero della Salute. L’unica arma per invertire la tendenza è la prevenzione, che ha già fatto molto (contribuendo per metà a una notevole diminuzione della mortalità negli ultimi 20 anni), ma può fare anche meglio. Vediamo 14 piccole grandi abitudini deleterie per la salute del cuore, da correggere per stare subito meglio e vivere a lungo.
 
 1) Arrabbiarsi - Gli aggressivi e gli irascibili sottopongono le arterie a sforzi eccessivi. Con il risultato di esporsi di più a seri problemi cardiovascolari. Lo dimostra uno studio condotto da alcuni scienziati italiani pubblicato sulla rivista scientifica "Hypertension": aggressività, competitività e tendenza a scontrarsi con il prossimo sono atteggiamenti risultati legati a considerevole ispessimento delle arterie carotidi, fattore di rischio di infarto e ictus.
 2) Mangiare troppe salsicce - La salsiccia aumenta del 42% la probabilità di incorrere in malattie cardiache e circolatorie: a sostenerlo è uno studio dell´Università di Harvard, pubblicato sulla rivista scientifica "Circulation", che ha esaminato diverse ricerche raccogliendo i dati per un totale di oltre un milione di persone.
 3) Annoiarsi - Secondo i ricercatori britannici dell´University College di Londra, che hanno seguito oltre settemila persone per 25 anni, le persone che dicono di annoiarsi nella vita hanno un rischio doppio di morire d´infarto rispetto a chi ha un esistenza piena. La noia spinge a stili di vita poco sani: si fuma e si beve di più, accorciando la speranza di vita. Se poi la noia riguarda il luogo di lavoro, il consiglio è di trovare occupazioni stimolanti almeno nel tempo libero.
 4) Dormire meno di 5 ore per notte - Gli studiosi del Dipartimento di medicina di comunità della West Virginia School of Medicine di Morgantown, negli Stati Uniti, hanno scoperto che dormire troppo (9 ore o più) o troppo poco (5 ore o meno) moltiplica il pericolo di malattie cardiovascolari. In particolare, chi di norma non supera le 5 ore di riposo notturno rischia il cuore due volte più di chi totalizza 7 ore sul materasso. E il pericolo aumenta nel caso di donne e anziani.
 5) Guardare troppo la tv - Restarsene per ore seduti davanti al piccolo schermo aumenta i rischi di avere un ictus o un infarto, anche se si fa attività fisica regolare: quando il fisico è inattivo, infatti, tende ad accumulare colesterolo e zuccheri nel sangue.
 6) Essere pessimisti - Le persone ottimiste hanno una minore probabilità di sviluppare problemi cardiaci di quelle che tendono a non essere felici. Lo afferma uno studio Usa pubblicato dall´European Hearth Journal. "Chi non ha nessun atteggiamento positivo", ha spiegato Karina Davidson, che ha coordinato lo studio, "ha il 22% di probabilità in più di ammalarsi rispetto a chi ha poco ottimismo, che a sua volta ha il 22% in più di probabilità di chi ha un ottimismo moderato.
 7) Russare - Apnee notturne, russamento, disturbi respiratori durante il sonno aumentano il rischio di ictus di 3,8 volte, di 2,5 volte quello di ipertensione arteriosa, di 2 quello di diabete. Chi russa tende insomma a sviluppare ipertensione arteriosa, diabete, deficit neuro cognitivi e può incorrere in complicanze cardiovascolari come angina, infarto del miocardio o ictus.
 8) Non usare il filo interdentale - Usare poco il filo interdentale (o non usarlo affatto) facilita la formazione della placca dentaria, che può provocare infiammazioni come gengiviti o parodontiti. E ogni infiammazione incide negativamente sulla salute dei vasi sanguigni…

 
9) Esagerare con lo sport - L’errore più tipico è di gettarsi a capofitto nello sport, sottoporsi a sessioni snervanti di palestra o interminabili sfide a tennis, una volta la settimana o poco più. Di solito ci si comporta così dopo i 40 anni, come se si volesse dimostrare a se stessi, prima ancora che agli altri, che si è ancora giovani e prestanti. E invece non c´è niente di più sbagliato, perché ci si infortuna più facilmente e il cuore ne risente. Molto meglio ­ sia contro il rischio infortuni, sia per la salute del nostro apparato cardiovascolare ­ allenarsi in modo lento e costante.
 10) Eccedere con l’alcol - Un bicchiere di vino rosso è uno dei fondamenti della dieta mediterranea. Se però l’alcol diventa un’abitudine e le quantità aumentano, il discorso cambia profondamente: esagerare con alcolici e superalcolici alza i rischi di ipertensione, colesterolo, insufficienza cardiaca. Senza contare che l’alcol fa incamerare molte calorie, che incidono sul sovrappeso (altra minaccia per la salute del cuore). Se proprio vi piace bere, limitatevi alle quantità giuste.
 11) Ingrassare - Il sovrappeso e l’obesità sono tra i maggiori fattori di rischio per il cuore. Parola d’ordine, dunque: fare spesso il check-up del peso , tagliare le porzioni, correggere l’alimentazione quotidiana (rendendola più varia ed equilibrata), sostituire le bevande zuccherate con acqua o succhi o spremute di frutta.
 12) Mangiare troppa carne rossa - La carne rossa è ricca di grassi saturi, che fanno aumentare il rischio cardiovascolare. Nessuno dice di privarsene del tutto, ma la dieta sana e corretta di un adulto prevede la carne non più di poche volte al mese. Evitate, insomma, bistecche e filetti un giorno sì e un giorno no durante la settimana.
 13) Fumare - Il fumo  fa molto male alla salute: è la causa principale di infarto e di malattie coronariche in uomini e donne e si associa al 30% delle morti causate da malattie coronariche. Aumenta il rischio di aterosclerosi. Si stima che il 20-25% degli incidenti cardiovascolari siano legati al consumo di sigarette.
 14 )Usare troppo sale in cucina - Troppo sale nella dieta quotidiana mette a rischio la salute delle arterie: se la pressione sanguigna sale, i vasi diventano rigidi e causano l´arteriosclerosi. Il ventricolo sinistro del cuore, poi, aumenta di volume. Risultato: il pericolo di ictus o infarto aumenta vertiginosamente.


Salute: amore e lavoro in bilico per 150 mila italiani con malattie croniche intestino

Chicago  - Giorni di lavoro persi a causa della malattia, storie d'amore finite o in crisi, incubo dimissioni e licenziamenti. E, per i più giovani, la rinuncia a proseguire gli studi. Scoprirsi malato di Mici (malattie croniche dell'intestino) rischia di travolgere la vita dei circa 150mila italiani che ne soffrono, come rivelano i dati preliminari dello studio Impact, illustrati a Chicago da Marco Greco, presidente dell'Efcca (European Federation of Crohn’s and Ulcerative Colitis Association). Lo studio, condotto a livello europeo su oltre 1.750 persone, punta a capire in che modo queste patologie si riflettono sull'esistenza di chi ne soffre. "L'analisi non è completa - precisa Greco, nel corso della Digestive Disease Week 2011, che ha riunito nella città statunitense decine di migliaia di medici da tutto il mondo - ma dai dati preliminari si vede che il 27% dei pazienti ha perso in un anno più di 25 giorni di lavoro a causa del riacutizzarsi dei sintomi, e il 15% da 10 a 25 giorni". E ancora, questa patologia ha tenuto lontano dall'amore il 34% dei malati, 'uccidendo' la relazione sentimentale per il 22%. Carriera e studi hanno 'sofferto' a causa della malattia rispettivamente per il 66% e il 53% degli intervistati. Mentre il 46% ha perso il lavoro o si è dovuto dimettere.  "Morbo di Crohn e colite ulcerosa sono malattie ancora poco note, che costringono chi ne soffre a lottare contro uno stigma. Sono problemi imbarazzanti, e dunque se ne parla poco, che colpiscono giovani adulti, con pesanti ripercussioni a livello sociale e lavorativo", sottolinea Greco all'Adnkronos Salute. La federazione europea riunisce 207 associazioni nazionali con 103mila soci, "per fare da punto di incontro e raccordo tra i diversi gruppi, e per relazionarsi con una voce unica con il Parlamento e la Commissione europea", prosegue Greco. In questo momento i 'nodi' che le associazioni del vecchio continente si trovano ad affrontare sono cinque: "La scarsa conoscenza di queste malattie, l'accesso uniforme ai trattamenti in Italia, ma anche in Europa, in particolare per quanto riguarda i medicinali biologici. E ancora, la tutela sociale e lavorativa dei pazienti; la definizione della malattia in rapporto alla disabilità e, infine, la diagnosi precoce".  Se queste malattie sono diagnosticate e trattate in tempo, si è visto che si riesce "a ridurre drasticamente l'ospedalizzazione. La qualità di vita migliora, con importanti riflessi anche in termini di risparmio della spesa sanitaria. Si tratta - sottolinea - di malattie che si manifestano principalmente nell’adolescenza: il picco è tra i 14 e i 18 anni. Ecco perché è importante coinvolgere i giovanissimi e puntare su una diagnosi e un trattamento che siano davvero precoci", conclude Greco, invitando i giovani pazienti a partecipare alle attività delle associazioni. Per dare voce e difendere i diritti di quanti "per troppi anni sono stati in silenzio".


Dieta, i 6 ostacoli da superare

Iniziare una dieta ed avere dei risultati può essere ostacolato da alcune piccoli problemi che sembrano proprio vanificare ogni sforzo. Scopriamo insieme quali sono e come evitarli.

Hai già cominciato il conto alla rovescia per l’estate che avanza e già ti preoccupi di metterti a dieta per rimediare in tempo alle ‘follie’ dell’inverno ma sembra che niente con te riesca a funzionare. L'hai iniziata molte volte ma spesso con esiti inferiori alle tue aspettative e così la tua dieta finisce tristemente e la 'linea' diventa un miraggio.  In campo dietetico la volontà a volte non è sufficiente per ottenere i risultati sperati ed è quindi importante fare un attento esame di coscienza per capire i veri motivi dell'ennesimo insuccesso. Tramite alcuni spunti e quesiti ti aiutiamo a comprendere quali possono essere gli errori che compi in modo che la tua prossima dieta, meglio se preparata con uno specialista, sia più efficace.

1 – Un ottimo inizio ma gli ultimi chili non se ne vanno
È più facile perdere anche cinque/sei chili nei primi mesi di dieta poiché con essi viene eliminata l'acqua contenuta nei tessuti, il grasso invece viene rimosso in un secondo momento. Il metodo migliore per avere dei risultati è quello di associare dell’attività fisica che aumenti il carico di lavoro e quindi le calorie bruciate. Una sequenza di esercizi da fare in una palestra attrezzata può essere di valido aiuto: pesi liberi, macchine ed elastici servono a far bruciare maggiormente il grasso concentrato nelle zone adipose. Inizia con poco peso per poi aumentare gradatamente lo sforzo caricando con più pesi e facendo brevi sequenze ginniche così da non affaticare troppo le articolazioni.

2 – Dimagrisco dappertutto tranne dove ne avrei più bisogno
Spesso il problema delle donne sono le cosce e i fianchi, zone che si trasformano in un vero incubo. La sola dieta, infatti, non è sufficiente ad eliminare il grasso depositato in quelle zone. L'attività fisica scelta deve far lavorare tutte le masse muscolari e non solo le gambe e i glutei, l'organismo è predisposto per recuperare l'energia necessaria da tutte le parti del corpo e tu in questo modo farai meno fatica .  Anche la postura è importante, una volta corretta potrai eliminare meglio le tossine poiché migliorerai la circolazione sanguigna. Attenzione al sale in cucina che produce ritenzione idrica cerca di usarne poco, diminuisci i latticini e tutti gli alimenti ricchi di grassi saturi.

3 – Dieta? Impossibile portarla a termine
Ti sei mai chiesta se vuoi dimagrire veramente? A volte la voglia di diventare magra ti viene trasmessa dalla televisione, dai giornali, ma tu ti senti maggiormente a tuo agio con forme più ammorbidite, a volte invece quelle rotondità un po' accentuate sono come una barriera, un modo per tenere lontani gli altri.  Se a monte esiste un malessere di tipo psicologico è necessario esprimerlo allo specialista prima di iniziare un regime dietetico ed affrontare la dieta solo quando sei tu stessa a volerlo. Il giusto atteggiamento mentale aiuta a perdere chili molto più delle rinunce drastiche.

4 – La mia amica dimagrisce meglio di me

 Siete partite insieme proprio per farvi coraggio e non mollare tutto alla prima difficoltà ma la tua amica sta ottenendo risultati che tu invece non vedi ancora. Prima di tutto è necessario pensare da quale situazione siete partite, in secondo luogo ognuno ha un metabolismo diverso quindi tende a rispondere ad una dieta in modo differente.  Inoltre, bisogna considerare l'attività fisica alla quale si dedica la tua amica, una ginnastica di tipo aerobico, per esempio, produce un dispendio di calorie molto inferiori rispetto ai pesi che aumentano il metabolismo dei grassi anche durante il sonno grazie all'incremento della temperatura nei muscoli. Per ultimo osserva cosa mangia la tua amica o chiedi il suo tipo di regime alimentare e fai attenzione agli alimenti 'fuori-pasto'.

5 – La dieta mi mette tristezza
Non devi vivere una dieta temporanea come una punizione ma bensì come un passaggio momentaneo per ottenere un traguardo importante. Nei momenti di sconforto immaginati snella e felice avvolta in un abito che non hai mai potuto permetterti, queste riflessioni aiuteranno la tua sfera emotiva a non deprimersi.  E' vero che la dieta ha bisogno di costanza ma se saltuariamente cadrai in tentazione non fartene un senso di colpa, qualche trasgressione è utile a ripartire con più entusiasmo. Per favorire il metabolismo e l'umore puoi assumere tre pastiglie al giorno per almeno tre mesi al giorno, una dopo ogni pasto, di alghe provenienti dal lago vulcanico Klamath che sono ricche di aminoacidi e sali minerali: aiutano a bruciare i grassi ed a mantenere alto l'umore.

6 – L’ago della bilancia non scende
Se stai seguendo una programma ginnico ed una dieta bilanciata e dopo aver perso 4/5 chili non riesci a diminuire di peso forse hai raggiunto la tua quota salutare quella che è identificata con l'IMC (indice di massa corporea).  Un altro motivo potrebbe essere che il tuo fisico sta sostituendo la massa grassa con i muscoli e che quindi non c'è una riduzione drastica di massa ma bensì un rimpiazzo. Anche il sonno potrebbe essere complice di questo rallentamento, durante la notte il nostro organismo produce la leptina una sostanza che alza il senso di sazietà durante il giorno: verifica quante ore dormi per notte.


Bellezza: scoperto l’elisir di giovinezza per la pelle, lo zucchero verde la protegge…

Parigi -  Si cela nella porzione più superficiale della pelle l''elisir' di giovinezza, il capitale da proteggere per un aspetto radioso. E' il derma papillare, lo strato che, quando è attivo, aiuta a ricreare pelle giovane anche in tutti gli altri strati. Lo hanno scoperto ricercatori dei laboratori Vichy, che hanno anche identificato in uno zucchero vegetale la sostanza più efficace nel far ripartire l’attività di quest’area della pelle, particolarmente vulnerabile agli anni che passano e agli effetti dell'esposizione solare. "Le cellule che popolano quest'area del derma, i fibroblasti papillari, sono uniche, diverse dai fibroblasti reticolari degli strati più in profondità. Producono più collagene, più elastina. Il loro potenziale di crescita, però, diminuisce con l'età: man mano che gli anni passano, e anche in virtù degli effetti dei raggi Uv, tendono a somigliare ai reticolari. Perdono il loro potere rigeneratore. Per preservare la loro funzionalità, e con essa la giovinezza della pelle, bisogna prendersi cura di questa piccola porzione del derma", ha spiegato Jacques Leclaire, direttore di Life Sciences Research di L'Oreal, in una conferenza stampa internazionale a Parigi per il lancio di un nuovo anti-ageing Vichy, sviluppato grazie a questa scoperta. Per arrivarci ci sono voluti più di 10 anni di ricerca. Grazie a sofisticati microscopi e tecniche di etichettatura molecolare, che hanno reso possibile studiare protagonisti infinitamente piccoli della nostra pelle e osservare come si comportano, sono stati individuati i fibroblasti papillari. E si è visto che, quando sono nel pieno del loro potenziale, producono e diffondono le molecole della giovinezza. Il derma papillare è, dunque, la sorgente di giovinezza della pelle. Ma è anche un’area piuttosto fragile. Invecchiamento e raggi Uv, che pure penetrano in profondità, colpiscono in particolare lo strato più superficiale del derma, riducendo man mano i fibroblasti. Si accentuano le rughe, diminuiscono tono ed elasticità, l’epidermide perde luminosità. Uno zucchero ‘verde’, estratto da alcune piante che crescono in Brasile, si è dimostrato in grado di rallentare questo processo. Il Rhamnose, già noto per le sue proprietà farmacologiche, è stato scelto fra oltre 50 molecole anti-età testate su modelli di pelle umana ricostruita in laboratorio, proprio in virtù della sua capacità di agire sul derma papillare e di riattivarlo. Il Rhamnose è il principio attivo del nuovo anti-ageing Vichy, che arriverà nelle farmacie italiane ai primi di marzo. E' stato testato, racconta Caroline Debbasch, direttore scientifico Vichy, "in sette studi su oltre 800 donne in tutto il mondo. I test mostrano come con il Rhamnose a una concentrazione del 5% si ottengano buoni risultati contro diversi tipi di rughe, anche quelle della fronte, più difficili da trattare, già dopo due settimane. Gli effetti si intensificano dopo due mesi". Sulle virtù anti-età di questa sostanza sono stati depositati sette brevetti. Quello degli zuccheri 'verdi' è un filone di studio molto promettente per l'industria della bellezza, efficace ed eco-sostenibile. "Sappiamo che lo zucchero – afferma Leclaire – gioca un ruolo molto importante per la qualità e la luminosità della pelle. La giusta combinazione con le proteine è fondamentale per mantenere e distribuire l'acqua correttamente. Le ricerche in questo campo continuano e, in particolare, stiamo lavorando per comprendere nel dettaglio i meccanismi d’azione del Rhamnose e valutarne gli effetti anche sugli strati più in profondità del derma". Parallelamente sono in piedi diversi programmi di ricerca sulle staminali adulte: uno degli obiettivi è identificare le cellule 'madri' del derma e trasformarle in un alleato di bellezza.


Tumori: nuova frontiera la ricostruzione  del seno con il grasso dell'addome

Roma - C'è una buona notizia per le pazienti che si sottopongono a un intervento chirurgico per asportare un tumore alla mammella: con un nuovo tipo di intervento possono evitare il trauma della perdita del seno, che grazie a una nuova tecnica può essere ricostruito nello stesso momento in sala operatoria, senza protesi ma con tessuti autologhi. La metodica si chiama ricostruzione con lembo Diep (Deep Inferior Epigastric Perforator) e in Italia il centro che ha la maggiore esperienza è quello guidato da Fabio Santanelli, titolare della cattedra di Chirurgia plastica della II Facoltà di Medicina e chirurgia dell'università di Roma La Sapienza, e responsabile dell'Uod di Chirurgia plastica all'ospedale Sant'Andrea nella Capitale. "Semplificando molto - ha spiegato l'esperto oggi a Roma, presentando un convegno internazionale sulla ricostruzione mammaria in programma da domani al ministero della Salute - si tratta di una addominoplastica funzionale alla ricostruzione del seno: le tecniche chirurgiche oggi sono in grado di avvalersi di veri e propri autotrapianti di tessuto, per restituire a una donna un seno il più possibile simile a quello che ha perso a causa di un tumore. Tra queste tecniche rientra la ricostruzione con il lembo Diep, in cui si ricorre all'uso di una ellisse di cute e grasso addominale al di sotto dell'ombelico, che viene trapiantata dove è avvenuta l'asportazione mammaria. L'operazione si può eseguire sul 30% delle pazienti sottoposte a mastectomia, poiché è necessario che abbiano una discreta quantità di grasso addominale. Il risultato è molto più naturale di quello che si ottiene con le protesi, addirittura ingrassa e dimagrisce con la paziente". Santanelli e il suo team hanno eseguito dal 2004 a oggi quasi 800 ricostruzioni mammarie, di cui 250 con lembo Diep. L'intervento è lungo, in media dura cinque ore, "ma le complicanze sono molto limitate: nel 3% dei casi compare una necrosi parziale, piccoli noduli innocui su cui si può intervenire successivamente in maniera non invasiva". In Italia pochi altri centri sono in grado di offrire questa metodica, che anche per questo motivo è poco conosciuta. Per informare le pazienti su questa nuova opportunità è stato appositamente realizzato il sito www.ricostruzionealseno.it, con informazioni chiare e poco 'tecniche', senza l'uso di immagini cruente. Altro problema, "il fatto che oggi - evidenzia il chirurgo - il sistema di Drg di quasi tutte le Regioni non preveda l'intervento di ricostruzione mammaria immediata: nonostante sia eseguito da tempo e i suoi vantaggi anche in termini economici siano indiscussi, non viene remunerato adeguatamente. Addirittura interventi eseguiti con tecniche più vetuste vengono rimborsati di più. In questo senso è necessario un adeguamento", ha concluso.


Il matrimonio fa male alla  linea, sono più in forma i single e i divorziati…

ROMA - Il matrimonio fa male al fisico, infatti i single o i divorziati, cioe' coloro che, quindi, sono tornati single, sono piu' in forma dei coniugati. E' quanto dimostra uno studio su quasi 9000 adulti (6900 maschi e 1971 femmine) pubblicato sulla rivista American Journal of Epidemiology dall'equipe di Francisco Ortega dell'istituto Karolinska di Stoccolma. Secondo quanto riferito online dalla Reuters che riporta questa ricerca, i suoi risultati indicano per la prima volta chiaramente che le grandi transizioni nella vita di una persona (eventi come il matrimonio o il divorzio) hanno un impatto notevole sugli stili di vita, quindi anche sul proprio fisico e sullo stato di salute. Gli esperti hanno monitorato (con vari test fisici e parametri di salute, e 'interrogandoli' periodicamente sui loro stili di vita) la salute e la forma fisica del loro campione nell'arco di tre anni, nel corso dei quali parte del campione si e' sposato, o ha divorziato. E' emerso che le donne che sono rimaste single durante tutto lo studio sono in forma fisica migliore rispetto alle loro coetanee maritate e che anzi le single nel corso dei tre anni hanno migliorato la propria forma fisica. Gli uomini, invece, se sposati tendono ad andare incontro al declino della propria forma fisica. I single si 'salvano' in parte dal declino. Coloro che divorziano migliorano la forma fisica, mentre si riscontra un declino del corpo tra i maschi che si risposano nel corso dello studio. Lo studio dimostra quindi che fattori sociali hanno un impatto notevole sulla propria forma fisica e che lo stato coniugale di una persona e' particolarmente importante. Insomma se il matrimonio e' in vista, meglio iscriversi in palestra, e non solo per entrare nell'abito da indossare il giorno delle nozze, ma anche per restare in forma negli anni a venire.


Ricerca: il profumo ti fa bella, e' la scienza a dimostrarlo…

Roma -  Il profumo ti fa bella: a dimostrarlo è la scienza. Un trucco che vale non solo per lei, ma anche per lui. Una buona fragranza, prove scientifiche alla mano, aiuta con l'altro sesso e non solo, rendendoci più avvenenti agli occhi del mondo. A provarlo è uno studio dell'università di Chieti pubblicato sulla rivista 'Perception'. Che mostra, tra le altre cose, che un buon effluvio non solo dà una mano ma può addirittura far la differenza, perché il sistema olfattivo domina i segnali sensoriali che provengono da altri sistemi. Compreso quello visivo, ritenuto erroneamente il più importante per noi. In realtà questa ricerca, interamente 'made in Italy', mostra che "il sistema olfattivo occupa un ruolo fondamentale e prioritario nella comunicazione sessuale", spiega all'ADNKRONOS SALUTE Andrea Mazzatenta, docente di psicobiologia nell'ateneo teatino a capo dello studio. La ricerca è stata condotta su 100 volontari, 50 uomini e altrettante donne, ai quali sono state mostrate foto che ritraevano volti di sconosciuti. Si trattava di visi di giovani uomini e donne, più o meno attraenti, ma anche di volti di bambini e anziani di ambo i sessi. Le volontarie che facevano parte del campione di studio erano tutte in fase di ovulazione "proprio perché - spiega Mazzatenta - in questa fase la donna cambia la propria percezione olfattiva e diventa più sensibile agli stimoli sessuali". Prima di sottoporre i volti al giudizio del campione, i ricercatori hanno fatto scegliere ad altri 40 volontari dei profumi tra una serie di essenze in commercio. Gli uomini dovevano indicare la fragranza da donna più gradevole, le donne fare altrettanto con quella maschile. A questo punto, sotto le postazioni del campione chiamato a giudicare i volti su una scala da 1 a 7 in base a diversi parametri, sono stati nascosti erogatori dei profumi più gettonati. I test sono stati ripetuti in due fasi diverse. La prima volta i giudizi sui volti sono stati dati in assenza totale di profumo. A distanza di tempo, il test è stato ripetuto attivando l'erogatore di fragranza, consentendo agli studiosi capitanati da Mazzatenta di dimostrare che il profumo faceva la differenza. "Il giudizio sulla familiarità o sulla fiducia ispirata dai volti visionati - spiega il ricercatore - non variava affatto, era la stessa con o senza essenza. Ma mutavano notevolmente i pareri legati all'attrattività sessuale, e ancor più quelli sulla bellezza", che in presenza di aromi gradevoli lievitavano letteralmente. E questo sia negli uomini che nelle donne. "A livello biologico e neuroscientifico - spiega lo studioso - questi risultati sono interpretabili piuttosto facilmente. Il sistema olfattivo, con la sua rete nervosa, proietta infatti direttamente al sistema limbico. Questo sistema include l'amigdala, ovvero l'area cerebrale che governa le emozioni, nonché l'ipotalamo, che controlla il sistema neuroendocrino deputato al rilascio di ormoni". Il sistema limbico, detto anche antico perché rappresenta la parte evolutivamente più primitiva e arcaica del cervello, finisce per avvantaggiare il sistema olfattivo, facendo in modo che questo domini i segnali sensoriali che prevengono da altri sistemi, compreso quello visivo. Una constatazione che sembra spiegare perché il profumo di una persona che non c'è più spesso finisce per avere un impatto emotivo molto più forte di quello di una foto che la ritrae. Risultati che potrebbero avere risvolti anche commerciali, e che i ricercatori dell'ateneo teatino hanno raggiunto a costo zero. Le fragranze utilizzate sono state infatti donate da profumerie di Chieti e Pescara, i tester da un farmacista. Ma purtroppo anche il 'costo' dei ricercatori è estremamente esiguo. Mazzatenta, che vanta numerose pubblicazioni all'attivo, ha un contratto a tempo determinato ed è, di fatto, un precario. Vita dura anche per gli altri due studiosi che fanno parte del team: Ottavia Capparuccini e Christopher Berrie. La prima è una studentessa che lavora in discoteca per 'arrotondare', Berrie invece è un farmacologo anglosassone precario che si mantiene facendo revisioni linguistiche. Il che rende il profumo, protagonista indiscusso di questa ricerca, "un po' più amaro", ironizza Mazzatenta.


Salute: meno sani ma piu' longevi, americani battono inglesi…

Roma - Americani meno sani ma più longevi, almeno rispetto agli inglesi. Hanno più acciacchi e fanno i conti con più malattie croniche, ma vivono più a lungo dei cittadini britannici. Lo dimostra, numeri alla mano, uno studio realizzato da Rand Corporation e dall'Institute for Fiscal Studies di Londra, pubblicato sulle pagine della rivista 'Demography'. I cittadini statunitensi tra i 55 e i 64 anni hanno un più alto tasso di patologie croniche, eppure vivono tanto quanto i coetanei inglesi. Non solo. Quelli che hanno spento 65 o più candeline sulla torta e stanno male, ad esempio soffrono di diabete, a parità di acciacchi mostrano comunque un tasso di mortalità inferiore rispetto ai loro coetanei britannici. In altre parole, "se ti ammala in età più avanzata - spiega James P. Smith, autore dello studio assieme a James Banks e Alastair Muriel - morirai prima in Inghilterra che negli Stati Uniti. Sembra infatti che, almeno in termini di sopravvivenza quando si è più in là con gli anni e si hanno malattie croniche, il sistema sanitario negli Stati Uniti sia migliore di quello inglese". Per giungere a questo risultato, gli studiosi hanno incrociati e dati relativi a incidenza e prevalenza di alcune malattie croniche (diabete, pressione alta, malattie cardiache, infarto, ictus, patologie polmonari croniche e cancro) con i tassi di mortalità dei due Paesi. Constatando così che nonostante gli americani fossero messi di gran lunga peggio sul fronte della salute rispetto agli inglesi (ad esempio il diabete corre a una velocità quasi doppia negli States), i tassi di mortalità erano circa gli stessi nelle fasce di età più giovani (55-64 anni) e addirittura inferiori in età più avanzata. Secondo gli studiosi, ci sono due possibili spiegazioni che consentono di interpretare i tassi di mortalità più elevati per gli inglesi over 65 con malattie croniche: una è che le patologie studiate hanno prodotto un aumento della mortalità maggiore in Inghilterra che negli Stati Uniti; la seconda è che la malattia viene diagnosticata più tardi nei britannici, costretti così a combattere la malattia in fase più avanzata.


Salute: scoperto l'interruttore per abbronzarsi senza sole…

ROMA - Addio lettini e docce solari, addio ore e ore ad abbrustolirsi al sole e, soprattutto, alle scottature e al rischio melanoma, il tutto senza rinunciare alla tanto agognata tintarella: infatti in futuro una crema ci fara' auto abbronzare senza sole e senza esporsi in alcun modo ai pericolosi raggi UV.  Secondo una ricerca sulla rivista Genes & Development, il segreto di questa pomata e' una molecola che spegne un enzima, 'PDE-4D3', senza il quale la pelle si colora anche senza essere esposta agli UV. La scoperta e' di scienziati del Massachusetts General Hospital (MGH) diretti da David Fisher. L'abbronzatura e' divenuta quasi un 'must' per molti, cosi' d'estate c'e' chi e' disposto a soffrire ore al sole pur di diventare nero, d'inverno si passa alle lampade. Si tratta comunque di comportamenti molto pericolosi perche' i raggi UV fanno male, aumentano il rischio di cancro alla pelle, melanoma in primis. Trovare un principio attivo che induca la produzione di melanina e che, quindi, colori la pelle senza bisogno di esporsi al sole, sarebbe come trovare la gallina dalle uova d'oro perche' aiuterebbe ad evitare comportamenti a rischio cancro. Gli esperti Usa si stanno avvicinando al traguardo, hanno scoperto infatti che spegnendo l'enzima PDE-4D3 i melanociti (cellule cutanee) cominciano a produrre piu' melanina e in soli cinque giorni topolini si 'abbronzano' pur senza esporsi agli UV. Se si trovera' un inibitore di PDE-4D3 non tossico e capace di penetrare nell'epidermide umana, il gioco e' fatto: infatti lampade e sole non servirebbero piu'  perche' ci si potra' abbronzare con una pomata e quindi ci si potra' esporre meno ai raggi UV; per di piu' la melanina prodotta in questo modo dara' essa stessa protezione contro gli UV.


Tumori: ricostruzione seno senza protesi, solo 10% donne la conosce

Roma - Solo il 10% delle donne che hanno subito un intervento post oncologico al seno è al corrente dei diversi metodi di ricostruzione mammaria, il restante 90% ignora la possibilità di evitare le protesi. E' quanto emerso dalle interviste effettuate su 52 donne, fra i 38 e i 56 anni d'età, all'Open Day sulla ricostruzione mammaria post oncologica organizzato a Torino da Michele Zocchi, chirurgo plastico ed estetico, insieme ad un team di esperti. Alla domanda su come fossero venute a conoscenza dei tipi di intervento esistenti, il 65% delle intervistate ha risposto tramite riviste di settore, il 25% attraverso internet e il 10% tramite passaparola.

"Nella maggior parte dei casi - sottolinea Zocchi in una nota - la ricostruzione mammaria post oncologica comporta molteplici interventi invasivi e molto spesso la necessità dell'utilizzo di espansori cutanei e di protesi di silicone. Altre tecniche ricostruttive - aggiunge - prevedono invece l'utilizzo di grandi lembi di tessuto prelevati in altre zone del corpo: interventi molto invasivi che lasciano cicatrici importanti".

Ma sembrano esserci anche altre strade. "In alternativa a queste tecniche tradizionali - spiega Zocchi - possiamo oggi avvalerci di metodologie molto più innovative che permettono di ricostituire la forma e il volume di un seno devastato dalla chirurgia demolitiva oncologica mediante l'innesto di tessuto adiposo prelevato dalla stessa paziente con cicatrici minime (2 o 3 millimetri) nascoste in pliche cutanee". Nuove tecniche, poco conosciute. "Ritengo giusto e doveroso - afferma l'esperto - che una paziente venga informata di tutte le più moderne possibilità di intervento sul proprio corpo in modo da poter prendere le proprie decisioni alla luce di una informazione completa e attuale. Questo - conclude Zocchi - è lo spirito che ci ha animato nell'organizzazione di questo primo Open Day e che ci ha spinto a volerne organizzare altri in diverse città


Le 9 malattie più misteriose della storia...

Molte pericolose malattie, un tempo sconosciute, oggi sono facilmente diagnosticabili e curabili grazie ai progressi della medicina. Ma, appena chiuso un fronte, nuove patologie e virus vengono scoperti sfidando i ricercatori. Come Doctor House insegna, diagnosticare una malattia è un lavoro sempre più simile a quello del detective piuttosto che a quello del medico.
Il settimanale statunitense Newsweek ha redatto un elenco delle 9 malattie che nella storia hanno causato non pochi grattacapi a medici e scienziati (oltre che centinaia di migliaia di morti) e che, in alcuni casi, ancora oggi presentano molti lati oscuri.
Vediamole insieme:

La febbre puerperale. Tra il XVIII e il XIX secolo questa malattia ha ucciso centinaia di migliaia di donne dopo il parto. Queste morti apparivano come un vero e proprio mistero, finché nel 1846 un giovane medico ungherese Ignaz Semmelweis osservò che il padiglione delle puerpere affidato ai medici (che al mattino effettuavano autopsie e al pomeriggio assistevano le partorienti) contava l'11% dei decessi per febbre puerperale mentre in quello gestito solo da ostetriche la mortalità era pari all'1%. Introducendo la semplice regola per i medici di lavarsi le mani prima di avvicinarsi alle partorienti, vide crollare immediatamente la mortalità anche nel padiglione dei medici. Tuttavia la comunità scientifica non prese in considerazione questi risultati se non decenni dopo, a spese di migliaia di vite.
E tu, ti fideresti di un medico del '400?

La malattia di Lyme. Grave infezione batterica trasmessa dalle zecche (se vuoi guardare in faccia una zecca ) si è guadagnata il soprannome di "grande imitatore" per l'ampia varietà di sintomi con cui si presenta, da quelli di una semplice influenza a quelli propri dell'Alzheimer, che ha depistato per anni i ricercatori. Fortunatamente oggi è facilmente diagnosticabile e curabile. 

La sclerosi multipla. I sintomi iniziali di questa malattia (stanchezza, debolezza muscolare) coincidono con quelli di molte malattie neurologiche e possono comparire gradualmente o a episodi. Ciò ne rende difficile la diagnosi. Le cause sono ancora oggetto di studio (si ipotizzano fattori immunologici, genetici e ambientali), così come le terapie ancora in fase sperimentale che cercano di rallentare il devastante processo di paralisi a cui porta la malattia.

L'AIDS. Fino alla scoperta dell'HIV negli anni '80, l'AIDS era un vero mistero. Anche se di questa malattia se ne parla sempre meno, nel 2008 ha colpito oltre 33 milioni di persone nel mondo (il 95% delle quali in Paesi in via di sviluppo) e continua a diffondersi inesorabilmente. A oggi le cure puntano a rallentare la malattia allungando la vita dei malati, in attesa del tanto agognato vaccino allo studio ormai da anni.

 La sifilide. Malattia venerea molto diffusa e in passato difficilmente individuabile con certezza in quanto presenta sintomi comuni a molte altre malattie, oggi può essere diagnosticata con alcuni semplici test di laboratorio e può essere curata con la penicillina. Rappresenta ancora oggi una tra le più pericolose infezioni sessualmente trasmissibili e, se non curata, può causare gravi danni a cuore e sistema nervoso.

Il lupus eritematoso sistemico (lupus). Malattia autoimmune tutt'oggi senza cura e di cui non si capisce la causa (le teorie più accreditate propendono per i retrovirus). Solo il 50% delle persone affette dalla malattia presenta un caratteristico eritema a farfalla tra zigomi e naso, mentre nei restanti casi la diagnosi è molto difficoltosa basandosi su sintomi generici (affaticamento, dolori in diversi punti del corpo, deficit cognitivi) e richiedendo numerosi test clinici per esclusione.

La sindrome da stanchezza cronica. Cause, metodologie di diagnosi e terapie sono ancora sconosciute per questa patologia molto subdola e debilitante che in Italia potrebbe interessare circa 300.000 persone, specialmente donne e giovani. È come se il sistema immunitario del malato stesse combattendo contro un'influenza perenne senza riuscire a debellarla, via via estenuandosi. Recenti studi rivelerebbero un collegamento tra la malattia e un tipo di retrovirus (XMRV), ma resta ancora una delle patologie più difficili e controverse.

La fibromialgia. È considerata una delle malattie più debilitanti ed è ancora sconosciuta e controversa. I sintomi più evidenti sono dolori muscolari, ipersensibilità al tatto e stanchezza. C'è chi ne attribuisce le cause a disturbi psicologici, chi a disordini biologici e chi ad una combinazione di entrambe. Come la sindrome da stanchezza cronica, anche la fibromialgia rientra nella categoria delle "sindromi clinicamente inspiegabili", ossia malattie con sintomi certi ma sulle cui cause non c'è consenso e per le quali non esistono cure.

La prostatite cronica. Con l'avanzare dell'età circa un uomo su 10 soffre di prostatite, un'infiammazione della prostata che nel 90-95% dei casi non è riconducibile a batteri. I sintomi (dolori pelvici, rettali, dolori addominali, stanchezza e stimolo frequente a urinare) sono stati per anni curati con antibiotici, in quanto erroneamente ricondotti a infezioni batteriche. Non esistendo una cura risolutiva, oggi questa patologia viene curata solo con terapie palliative o con l'intervento chirurgico.


Chirurgia: corpo perfetto? Il bisturi dia armonia e naturalezza

ROMA -La bellezza? Non esistono canoni assoluti, ma dopo gli occhi 'tirati' e le labbra a 'gommone', oggi il nuovo 'must' e' armonia e naturalezza. ''Ognuno - afferma Alessandro Gennai, chirurgo plastico di Bologna socio dell'European Academy of facial and plastic surgery - deve capire quello che e' meglio per se', rispettando la propria armonia di forme e proporzioni. Ed e' questa la nuova tendenza''. Di qui il ''decalogo'' stilato dagli esperti

Al primo posto ci sono gli occhi, specchio dell'anima. Basta svuotarli con chirurgie troppo aggressive: ''oggi - continua Gennai - la regola e' ridare volume e riportare le rotondita' tipiche della giovinezza''. No, quindi, alle blefaroplastiche esagerate, si' a un lipofilling e al riposizionamento del sopracciglio. Anche per la bocca stop ai 'filler' che danno un aspetto innaturale. La nuova tendenza e' la bonificazione con il proprio tessuto adiposo o acido ialuronico puro. Al terzo posto il naso che, oltre a essere in armonia con il viso, deve mantenere una buona funzione. Alt ,quindi, alle rinoplastiche aggressive che li omologano compromettendone spesso la funzione. Stesse indicazioni per il seno, le cui forme e dimensioni sono oggi piu' 'naturali' grazie a protesi 'su misura', nuovi 'filler' a base di acido ialuronico e l'utilizzo del proprio tessuto adiposo per tonificare e rimodellare senza stravolgere. Al quinto posto c'e' l'addome, cruccio per gli uomini. Anche se la liposcultura puo' aiutare a togliere ''pancetta'' e ''maniglie'' dell'amore, il consiglio e' fare esercizi fisici mirati tutto l'anno. I fianchi sono invece un punto critico per le donne. Oggi per modellarli oltre alla liposcultura ci sono tecniche soft quali l'idrolipoclasia ultrasonica e la laserlipolisi. Al settimo posto il cosiddetto ''lato B''. ''Grazie ai nuovi acidi ialuronici - spiega l'esperto - e' possibile dare tono ai glutei afflosciati dalla vita sedentaria. Non solo: chi ha del grasso da eliminare puo' toglierlo dove non piace e metterlo proprio li'''. Per le gambe invece il 'must' e' l'attivita' fisica. Migliora tono e circolazione, conferendo un aspetto sano e bello. Sotto la lente anche i polpacci: anche qui l'esercizio e' la migliore cura di bellezza, ma per chi li ha troppo piccoli l'acido ialuronico puo' aiutare a modellarli. Infine le braccia. ''La perdita di tono - conclude Gennai - si puo' correggere con le nuove radiofrequenze associate all'utilizzo di acido ialuronico''.


La psicologa: "Le donne tradiscono, di più quelle sui cinquanta...

Roma - È donna e ha circa cinquanta anni. Ecco chi tradisce in tema di relazioni extraconiugali. Mentre però il maschio tradisce a tutte le età e in tutte le stagioni, la donna è attratta da altri uomini in modo particolare intorno ai cinquanta e questo desiderio di nuove esperienze non le passa con gli anni, cosa che invece accade agli uomini. E l’estate è più portata al tradimento.  

“In estate le ore di luce sono maggiori e ciò influisce sull’umore - spiega la psicoterapeuta - si ha più voglia di stare all’aperto e le opportunità di incontro aumentano. Mariti spesso troppo distanti sia fisicamente sia psicologicamente, il bisogno di sentirsi sempre attraenti, di suscitare interesse, di avere conferme su se stesse e recuperare l’autostima minacciata dall’età in una società che non concede segni di cedimento, il tutto è sempre più incalzante per le nostre cinquantenni. La frequentazione di posti all’aperto, la vista di corpi scoperti e abbronzati stimola notevolmente il desiderio. Da non trascurare poi il ruolo dei feromoni, sostanze chimiche naturali che produce il nostro organismo e che enfatizzano il sex appeal. Quell’alchimia olfattiva che accende inconsapevolmente la passione, soprattutto quando la pelle è più scoperta e più facilmente percepibile ai sensi, come in estate”.  

“L’ormone principalmente imputato nel tradimento femminile - aggiunge la Sorrento - è l’estradiolo ribattezzato ‘Marilyn Monroe'. Elevati livelli di quest’ormone rendono le donne più attraenti e seducenti. A tal proposito cito il film di Marilyn Monroe, 'Quando la moglie è in vacanza', ancora oggi di estrema attualità. In ogni caso non ci sono attenuanti. Il tradimento è sempre una ‘libera scelta e quando un partner rompe il vincolo di fedeltà, i motivi spesso sono molto più profondi come la delusione e la solitudine”.  

Le tipologie della traditrice possono essere così sintetizzate. Secondo la Sorrento “c’è la traditrice seriale, ovvero una donna che porta avanti storie parallele; la traditrice compulsiva, per la quale ogni occasione è buona; c’è poi quella occasionale che ogni volta pensa che non avrà altre occasioni e ogni tanto ci casca”. Di fatto, queste descrizioni valgono indifferentemente per entrambi i sessi.  

"Il tradimento femminile - dice la dottoressa Sorrento anche responsabile dei Centri di Psicologia Artemisia - non è più dettato solo dall’innamoramento ma anche dal puro piacere di vivere una trasgressione. Il tradire o trasgredire mette inevitabilmente in contatto con lati nascosti di noi stessi e la carica di energia che si recupera, spesso alimenta nuovamente la relazione”.


Estate: 'boom' delle  coliche renali da caldo, disidratazione sotto accusa...

 Roma - Dolori lancinanti, sudori freddi e spasmi a intermittenza. Le coliche renali, vero e proprio incubo che affligge soprattutto gli uomini, registrano un'impennata decisiva con la bella stagione, quando il caldo incalza e la colonnina di mercurio lievita. E così, in questi giorni in cui salgono le temperature da un estremo all'altro della Penisola, "sale vertiginosamente - spiega  Cinzia Barletta, presidente della Federazione italiana di medicina di emergenza urgenza e delle catastrofi (Fimeuc) - il numero di persone alle prese con questo problema".

Sotto accusa "la disidratazione", responsabile numero uno delle coliche renali da caldo. "Dovremmo bere due litri d'acqua al giorno tutto l'anno - ricorda Barletta - ma questa buona abitudine deve diventare regola nei giorni caldi, quando si suda di più e l'organismo ha bisogno di compensare assumendo liquidi". Non bevande a caso, dice, ma acqua, da tenere sempre a portata di mano. "Mentre alcune bibite come te e coca cola - sottolinea l'esperta - possono addirittura remare contro". Occhio anche alle bevande arricchite di sali minerali, da assumere "solo se diluite e senza mai esagerare". E chi già in passato si è trovato a fare i conti con le coliche renali deve addirittura "superare il quantitativo d'acqua raccomandato - spiega Baretta - e bere 3/3,5 litri al dì" per evitare brutte sorprese.

Per non ritrovarsi piegati in due dal dolore, occhio anche all'attività fisica. La regola è sempre la stessa: "Bere molto compensando i liquidi che perdiamo facendo movimento", spiega il presidente della Fimeuc. Un imperativo che, in parte, mette a riparo anche dalle infezioni urinarie, "altro problema che accende le coliche renali". Barletta traccia infine un' identikit delle persone chiamate più spesso a fare i conti con questo 'grattacapo': "Giovani adulti tra i 25 e i 40 anni - spiega - prevalentemente maschi che hanno una familiarità con le coliche renali o hanno già avuto episodi in passato".


Farmaci: arriva 'dottor Microbo', guida per medici famiglia su antibiotici

Roma - Educare i medici di famiglia alla corretta prescrizione dei farmaci antibiotici per il trattamento delle infezioni respiratorie. Servirà a questo scopo 'Dr. Microbo', guida internazionale online voluta per iniziativa del dipartimento Toraco-polmonare e cardiocircolatorio dell'Università degli studi di Milano, e reperibile all'indirizzo www.drmicrobe.com. La resistenza agli antibiotici, evidenzia una nota, è un problema importante in Italia. Si ritiene che sia l’impiego inappropriato di questi medicinali a rappresentare una delle cause principali dello sviluppo della resistenza dei microbi. Secondo un recente studio condotto in Europa, l’Italia è al quinto posto nell’uso ambulatoriale di antibiotici. A partire da oggi è dunque online il programma educativo www.uso-antibiotico.it. Tre moduli di apprendimento offrono ai medici di famiglia i consigli degli specialisti su problematiche legate alla prescrizione degli antibiotici per ottenere i migliori risultati nel trattamento delle infezioni respiratorie. Il programma educativo è fornito dal dipartimento Toraco-polmonare e cardiovascolare dell'università di Milano ed è accreditato dall'European Board for Accreditation in Pneumology; i medici che seguono i moduli eEcm ricevono un credito per ogni modulo completato. "Nella pratica quotidiana è difficile prendere decisioni non solo sull’opportunità di usare un antibiotico, ma anche su quale usare - spiega Aurelio Sessa, medico di famiglia, uno degli sviluppatori del programma - Con il corso eEcm del Dott. Microbo, miriamo a fornire ai medici di base una guida chiara a sostegno delle decisioni sul trattamento delle infezioni respiratorie. Scelte adeguate in tal senso contribuiranno a garantire l’efficacia e la sicurezza degli antibiotici”. Il programma - prosegue la nota - è costituito da tre diversi moduli educativi: modulo 1 - panoramica generale delle infezioni delle vie respiratorie acquisite in comunità negli adulti; modulo 2: trattamento appropriato delle esacerbazioni acute della bronchite cronica e della broncopneumopatia cronica ostruttiva; modulo 3: trattamento appropriato della rinosinusite batterica acuta. Ciascun modulo è costituito da una breve presentazione del medico virtuale, il Dott. Microbo, oltre a una serie di casi studio clinici, un quiz a scelta multipla di Educazione continua in medicina e un questionario di riscontro. "Offrendo uno strumento educativo basato sull’utilizzo di una piattaforma web - spiega Francesco Blasi, direttore della Scuola di specializzazione in Malattie dell'apparato respiratorio dell'università di Milano - speriamo di indurre un gran numero di medici a seguire il Dott. Microbo e a partecipare al corso di formazione, con l’obiettivo di ridurre al minimo l’uso inappropriato degli antibiotici.


Bellezza: sempre piu' nonne 'rifatte', boom di richieste da over 70...

Roma - Sempre più nonne dal medico estetico e dal chirurgo plastico, per cancellare le rughe e ringiovanire lo sguardo, ma anche per rifare il seno o l'addome. In 10 anni si sono moltiplicate le richieste di ritocchi da parte degli over 70, anche per i maschi: superata questa soglia di età, la percentuale di uomini e donne che richiedono il ritocchino è in enorme aumento. E' uno dei fenomeni di cui si parlerà al XXXI Congresso nazionale della Società italiana di medicina estetica (Sime), che è stato presentato questa mattina a Roma.

"L'età media dei nostri pazienti è senza dubbio aumentata - spiega Emanuele Bartoletti, segretario generale della Sime - Mentre qualche anno fa i pazienti del medico estetico avevano soprattutto tra i 30 e i 50 anni, adesso è l'età media quella dei 50". Ma capita spesso di visitare pazienti di 70-75 anni, e la richiesta è sempre la stessa: ringiovanire.

Anche dal chirurgo aumenta molto l'età media dei pazienti. "Se 10-15 anni fa - ricorda Nicolò Scuderi, docente di chirurgia plastica all'Università Sapienza di Roma - erano rari i 70enni, oggi è molto frequente incontrarli nei nostri studi. Possiamo parlare dell'8% di tutti i pazienti". E le richieste sono le più varie, dalla semplice punturina di botulino o acido ialuronico, fino al lifting e all'addominoplastica. E per le donne "soprattutto, quelle che sono riuscite a conservare un'invidiabile fisico nonostante l'età - aggiunge Scuderi - anche il seno nuovo". Il rischio però, avvertono gli specialisti, è proprio quello di voler sembrare troppo giovani. "Ringiovanire con la medicina estetica o con la chirurgia plastica - conclude Bartoletti - può essere patetico. Dobbiamo riuscire a far vivere bene la propria età ai nostri pazienti, senza esagerare. Ed è un compito che coinvolge noi medici, ma anche la stampa".


Alimentazione: ecco la frutta al "laser"

Presto i produttori agricoli potranno garantire una certificazione di qualità dei loro prodotti e una precisa indicazione del loro grado di maturazione grazie a una tecnologia studiata al fNIRS Lab (Functional Near InfraRed Spectroscopy Lab) del Dipartimento di Fisica del Politecnico di Milano e sviluppata nell’ambito del progetto europeo InsideFood in collaborazione con laboratori di ricerca, centri sperimentali e aziende italiane ed europee. La tecnologia, di cui si sta studiando l'applicabilità ai macchinari che smistano la frutta per la grande distribuzione, porterà vantaggi non solo ai produttori, che potranno in questo modo competere coi nascenti mercati asiatici con un valore aggiunto - sostiene in una nota il Polimi - ma a tutta la filiera: dal grossista, in grado di offrire una migliore logistica nelle consegne scegliendo il momento migliore per la distribuzione, al consumatore finale, che ne guadagnerà in gusto e salute. Si tratta di una tecnica "non distruttiva" - precisano al Politecnico di Milano - in quanto utilizza la luce. Il frutto in esame viene infatti illuminato da brevi impulsi di luce laser che oltrepassano la buccia e riemergono dopo avere attraversato la polpa. La valutazione delle proprietà della luce che ha attraversato il frutto permette di ottenere informazioni sul grado di maturazione alla raccolta e durante la conservazione, nonché sulla qualità in generale del prodotto. L’esame del fascio di luce in uscita viene fatto mediante la "spettroscopia di riflettanza nel dominio del tempo", un’applicazione della fotonica che studia le proprietà di propagazione della luce in mezzi altamente diffusivi, quali per esempio i tessuti biologici. A causa delle caratteristiche del frutto in termini di assorbimento e diffusione, infatti, un impulso di luce di breve durata temporale (picosecondi), dopo la propagazione all’interno della polpa viene modificato sia in intensità sia in durata temporale.

Fonte: Politecnico di Milano


La nuova pillola anti-obesità

Bologna - Pillola anti-obesità di nuovo in pista, ma stavolta senza dare alla testa. Dopo la delusione del Rimonabant, promessa mancata di elisir di magrezza che riduceva sì il peso in eccesso (del 10% in media) ma col rischio di incorrere in ansia e depressione, e per questo ritirato dal mercato nel 2008, una nuova ricerca internazionale a guida italiana riapre i giochi e riaccende le speranze.

In ballo, non solo i chili di troppo di oltre 4 milioni di connazionali obesi (16 quelli sovrappeso), ma anche un folto corredo di seri problemi di salute strettamente correlati all'obesità, quali diabete, pressione e colesterolo alti e, a lungo andare, infarto e ictus. Nuovi farmaci anti-grasso simili al Rimonabant, si è infatti scoperto, potrebbero risultare pienamente efficaci anche senza agire sul cervello, ma solo sul resto del corpo. O almeno così accade nei topi, come dimostra una ricerca coordinata da Uberto Pagotto, endocrinologo dell'Università di Bologna, e pubblicata sull'ultimo numero della prestigiosa rivista scientifica Cell metabolism

«Il risultato segna un punto di svolta - spiega Pagotto -. Senza azione sul cervello, si elimina infatti il problema degli effetti collaterali sulla psiche. Si tratta quindi di usare farmaci che non vi penetrino, come quelli recentemente sviluppati e già testati con successo sugli animali. Se si dimostrano validi anche sull'uomo il gioco è fatto. Dopo il ritiro, un mese fa, anche dell'altro importante principio attivo in campo contro l'obesità, la sibutramina, la novità risulta ancora più interessante».  Pagotto e colleghi - un network europeo di scienziati (una ventina gli italiani, alcuni dei quali stabilmente all'estero) - hanno simulato l'azione anti-grasso di farmaci simili al Rimonabant su una popolazione di circa 180 topi. Li hanno divisi in quattro gruppi: uno ha continuato a seguire una dieta magra, come gruppo di controllo, gli altri tre una dieta super-calorica. Di questi, il gruppo che non ha virtualmente assunto alcun farmaco ha aumentato del 30 per cento il grasso corporeo, mentre gli altri due, sia quello che simulava l'assunzione di farmaci ad azione anche cerebrale, che quello che simulava l'assunzione esclusivamente periferica, hanno mantenuto il peso iniziale, senza scostarsi da quelli a dieta magra, nonchè livelli più contenuti di colesterolo (-27%), glicemia (-28%) e trigliceridi (-50%). Da qui la dimostrazione che l'efficacia delle molecole anti-grasso non è solo legata all'azione encefalica, ma può manifestarsi anche a livello periferico, interagendo con le terminazioni nervose del tessuto adiposo, del fegato e dei muscoli. Si parla di simulazione perchè gli scienziati, a dire il vero, non hanno fatto ricorso a farmaci, ma a topini geneticamente modificati, appositamente generati nei laboratori di Bordeaux da Giovanni Marsicano e di Magonza da Beat Lutz, e studiati presso il Centro di ricerca biomedica applicata del policlinico Sant'Orsola di Bologna, presso la cui Unità operativa di endocrinologia sono attivi Pagotto e altri studiosi. «Alcuni di noi - ricorda il ricercatore - si sono conosciuti anni fa lavorando al Max Planck Institute di Monaco di Baviera, e ancora adesso collaboriamo a distanza grazie a finanziamenti dell'Unione europea». Le molecole per perdere peso come il Rimonabant, agiscono su dei recettori del sistema nervoso, disattivandoli. L'intuizione alla base dello studio è stata quella di utilizzare topini concepiti in partenza per non possedere tali recettori. È così che si è visto che i roditori che non li avevano in testa, rimanevano magri quanto quelli che ne erano privi sia in testa sia nel resto del corpo, mentre quelli che li avevano ovunque ingrassavano vistosamente. I ricercatori sono riusciti non solo a localizzare le zone del corpo a cui agiscono i medicinali, ma anche a spiegarne il meccanismo di azione. L'efficacia di Rimonabant e molecole cugine non sembra tanto dovuta al contenimento dell'impulso a mangiare, come fino a qualche tempo fa si credeva, quanto ad un maggior dispendio energetico a livello degli organi periferici. L'azione è sul metabolismo energetico, e sul consumo di calorie. In particolare, hanno osservato gli scienziati, i topini che rimanevano magri nonostante la dieta iper-calorica, tendevano ad accumulare meno grasso bianco (quello più persistente) e a bruciare più grasso bruno (che offre energia immediata).Questo secondo tipo di grasso è più abbondante negli animali, ma recenti studi ne hanno evidenziato l'importanza anche negli uomini. La rilevazione è stata possibile grazie all'impiego di avanzate e costose apparecchiature presso il policlinico di Bologna tra cui una micro-Tac e una micro-Pet per piccoli animali che hanno consentito di misurare il grasso e di rilevare la sua trasformazione in energia.

A rivelare i forti effetti preventivi nei confronti dell'ictus per la popolazione femminile di una attivita' fisica semplice quale il camminare e' una vasta indagine condotta su 39.000 donne.

Le volontarie, tutte dai 45 anni in su', sono state seguite per 12 anni da ricercatori della Harvard Public school nell'ambito del 'Women's health study'.Nel periodo considerato sono occorsi 579 ictus. I ricercatori hanno tenuto conto nella loro analisi di tutti i fattori che possono influenzare il livello di pericolo di ictus nelle donne, da quelli preventivi quali l'uso di aspirina a quelli aggravanti quali il fumo: ma per la prima volta uno specifico tipo di esercizio, il camminare appunto, ha evidenziato benefici 'ad hoc'.

Secondo gli esperti, il camminare e' una attivita' fisica moderata ed in quanto tale più efficace per abbassare la pressione arteriosa.


Salute: Verona capitale della Psicologia dello Sport

Verona - Verona capitale della psicologia dello sport. Si svolgerà infatti alla Facoltà di scienze motorie dell'università scaligera un convegno nazionale dal titolo 'Psicologia dello sport e scienze motorie: dalla mens sana in corpore sano alla prestazione di eccellenza'. Si tratta di un evento che vedrà la partecipazione dei più importanti accademici nel settore della psicologia dello sport e che conferma il ruolo centrale di Verona in questo particolare settore. Sono passati infatti quattro anni, ricorda una nota, dalla nascita del Mind in sport team (Mist), centro interuniversitario di ricerca e formazione nel settore della psicologia dello sport. L'attività di ricerca del centro si rivolge a problemi di interesse teorico generale e applicativo, con il fine del progresso delle conoscenze relativamente ai processi mentali implicati nel vasto campo delle attività sportive e motorie, dalla pratica agonistica al gesto espressivo, nelle diverse fasi del ciclo di vita, con attenzione all'interazione fra esercizio fisico, stile di vita e benessere, nonché all'insieme dei processi e fenomeni psicologici, individuali e sociali, che sottendono sia allo sport agonistico sia all'attività motoria in generale. La psicologia dello sport avrà inoltre un ruolo che si preannuncia crescente anche nella realtà accademica veronese, opportunità costituitasi anche grazie al contesto della nuova laurea magistrale in scienze dello sport e agli sviluppi delle attività di ricerca che saranno resi possibili dalla nuova organizzazione dipartimentale, che finalmente raggruppa i ricercatori in ambito psicologico interessati all'area motoria e sportiva e delle scienze motorie nello stesso dipartimento.


Salute: Norvegia studio contraccettivo gratis dimezza  aborti

ROMA - Fornire la pillola anticoncezionale gratis dimezza il tasso di aborti. Lo afferma uno studio condotto in in due citta' della Norvegia dagli scienziati della Sintef, il principale gruppo di ricerca norvegese. I ricercatori hanno fornito per un anno contraccetivi gratis a 3500 donne tra i 20 e i 24 anni, che potevano scegliere tra diversi tipi di pillola e altri metodi come la spirale. Il test e' stato condotto nelle citta' di Tromsoe e Hamar, scelte dal ministero norvegese della Salute, e alle donne e' stato sottoposto anche un questionario prima e dopo il periodo. La ricerca ha dimostrato che il tasso di aborti nelle due citta' si e' dimezzato, e secondo gli esperti questo e' dovuto piu' che a un aumento del numero totale di ragazze che hanno fatto uso di un contraccettivo al fatto che ci sono state molte meno interruzioni nell'utilizzo di tali sistemi.

'L'offerta della contraccezione gratuita non necessariamente porta a piu'utilizzatrici, quanto a un uso piu'frequente - spiega Anita Oren, che ha coordinato la ricerca - il progetto comunque ha dimostrato chiaramente che gli anticoncezionali gratuiti sono un metodo efficace per ridurre il numero di aborti''.


Un raggio brucerà i tumori, a Pavia il primo centro italiano di adroterapia

Pavia - Un super-raggio anticancro per bruciare i tumori, che in futuro promette di curare circa tremila pazienti all'anno,150 al giorno per un totale di 20mila sedute annue. Sono i numeri del primo Centro nazionale di adroterapia oncologica (Cnao), inaugurato oggi a Pavia alla presenza, fra gli altri, dei ministri della Salute Ferruccio Fazio, dell'Economia e finanze Giulio Tremonti e delle Riforme Umberto Bossi.

Il Centro, spiega Erminio Borloni, presidente della Fondazione Cnao istituita nel 2001 dal ministero della Salute per gestire la struttura, "tratterà in maniera routinaria i primi pazienti a partire da fine 2011. A pieno regime, previsto dal 2013, fornirà prestazioni di adroterapia a carattere ambulatoriale, rimborsate dal Servizio sanitario nazionale, 5 giorni alla settimana per 13 ore al giorno". Il tutto, sottolinea, dopo "una fase sperimentale della durata complessiva di 18 mesi, che coinvolgerà 230 pazienti (80 trattati con protoni, 150 con ioni carbonio), di cui il primo sarà arruolato verso la fine di quest'anno".

Dopo la prima pietra, posata nel marzo 2005, ricorda Borloni, lo Cnao "è stato realizzato in 4 anni e con una spesa contenuta: 125 milioni di euro", contro i 200 circa prevedibili per una struttura del genere. Un centro che nasce come quarto al mondo, dopo quelli di Chiba e Hyogo in Giappone e di Heidelberg in Germania. L'adroterapia colpisce il tumore in modo 'intelligente', mirato e potenzialmente senza effetti collaterali, e può essere utilizzato nella cura di diverse neoplasie, quando resistenti alle tecniche tradizionali: sarcomi, tumori pediatrici e al polmone, tumori al pancreas, oculari, alle ghiandole salivari, al cervello, al midollo spinale e per alcune forme di cancro della testa e della zona pelvica.

Per la nascita del nuovo Cnao di Pavia hanno lavorato insieme pubblico e privato, Regione e Governo, ospedali e università, sottolinea il presidente lombardo Roberto Formigoni, che parla di "una sorta di 'dream team'" al servizio del malato.

Ma come nasce il nuovo super-raggio intelligente che 'brucia' i tumori? "I fasci utilizzati sono prodotti dal sincrotrone, un acceleratore di particelle con due sorgenti che generano ioni carbonio e protoni - spiega Sandro Rossi, segretario generale e direttore tecnico della Fondazione Cnao - Durante il trattamento un 'pacchetto' di particelle viene immagazzinato in una ciambella d'acciaio svuotata d'aria, lunga 80 metri e con un diametro di 25. Qui le particelle viaggiano inizialmente a circa un decimo della velocità della luce. Il fascio viene quindi accelerato fino a compiere un milione di giri (pari a circa 30 mila chilometri) in mezzo secondo, per arrivare all'energia desiderata, scelta dal medico in base alla profondità del tumore". Al momento opportuno "una 'porta' si apre e il fascio colpisce il bersaglio con una precisione sub-millimetrica", fermandosi laddove serve e "tagliando 'a fette' il tumore", riassume l'esperto.

Il paziente viene trattato in una delle tre sale attrezzate con 4 linee di fascio (una quarta sala è invece destinata alla ricerca clinica e radiobiologica). Possono bastare 2-3 minuti per irradiamento e in media una decina di sedute di 25 minuti l'una, "ma questa terapia non sostituisce la radioterapia convenzionale - tiene a precisare Roberto Orecchia, direttore scientifico della Fondazione Cnao - E' un'arma in più a disposizione di medici e pazienti".

Per Umberto Veronesi si tratta di una terapia anticancro mirata al millimetro, con zero effetti collaterali, che può rappresentare una svolta "per tutti quei pazienti con forme tumorali difficili da raggiungere con le cure tradizionali", spiega l'ex ministro della Sanità all'Adnkronos.

"Le particelle pesanti strumento dell'adroterapia - sottolinea il direttore scientifico dell'Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano - hanno il grande vantaggio che, proprio perché sono pesanti, non deviano ma seguono un percorso collimato che va dritto sul bersaglio, anche piccolissimo, anche di un millimetro appena".

Durante la cerimonia di inaugurazione del Cnao, Ferruccio Fazio ha annunciato l'intenzione di proporre a Tremonti ''di trasformare il Centro nazionale di adroterapia oncologica di Pavia in Istituto nazionale di adroterapia oncologica''. "Dovremo valutare in che modo" attuare questa trasformazione, "ma - ha precisato - come Istituto nazionale questo centro potrebbe dotarsi di un finanziamento autonomo e potrebbe fare un grandissimo lavoro di indirizzo non solo per l'Italia, ma anche per gli altri Paesi".


Salute: mal di schiena, tassisti e autisti i piu' a rischio

Roma - Guidare fa male alla schiena. E se l'italiano medio passa al volante gran parte della giornata, pensiamo ai tassisti, agli autisti di bus e agli autotrasportatori, che per vivere sono costretti a guidare ore e ore senza interruzione. A individuare queste come le categorie più a rischio di mal di schiena sono gli esperti che questa mattina hanno presentato a Roma la campagna 'Mal di schiena? No grazie!', sviluppata dall'Associazione per l'assistenza sanitaria integrativa ai lavoratori delle aziende del Gruppo Telecom Italia (Assilt), con la collaborazione dell'Università degli Studi Milano-Bicocca. Tra i principali fattori di rischio per chi guida - spiegano gli specialisti - ci sono la posizione scorretta e protratta nel tempo della colonna vertebrale e le vibrazioni prodotte dall'abitacolo, che si scaricano sul rachide cervicale provocando dolori sistematici. Sarebbe buona norma posizionare un cuscino dietro la schiena per attutire queste vibrazioni. Per assumere una posizione il più possibile corretta alla guida, poi, bisognerebbe avere il sedile dritto e a un'altezza che permetta di vedere bene la strada. Questo per evitare di sforzare il collo e fare movimenti innaturali. Anche la distanza tra sedile e volante è molto importante, per questo deve essere regolata in modo che le braccia siano ben distese. Nonostante tutte queste accortezze, stare troppe ore alla guida fa male. Quindi, consigliano gli esperti, bisogna fare pause regolari di qualche minuto, praticare sport e sottoporsi periodicamente a controlli medici".


Due proteine per riparare il cuore

La cardiopatia ischemica è la principale causa di morte nei paesi industrializzati. Nonostante i recenti progressi nel trattamento dello scompenso cardiaco, le terapie farmacologiche risultano ancora inadeguate. Due studi indipendenti, condotti da Antonio Baldini e Gabriella Minchiotti, rispettivamente direttore e ricercatrice dell’Istituto di genetica e biofisica ‘Adriano Buzzati Traverso’ (Igb-Cnr) di Napoli, aggiungono nuove conoscenze ai meccanismi della biologia delle cellule staminali cardiache. Il primo lavoro, pubblicato sulla prestigiosa rivista Circulation Research (organo ufficiale dell’American Heart Association), riguarda la proteina Cripto. “Una molecola”, spiega Gabriella Minchiotti, “in grado di promuovere il differenziamento delle cellule staminali in cardiomiociti, agendo come interruttore molecolare nelle primissime fasi dello sviluppo embrionale dei mammiferi: se accesa determina il ‘destino cardiaco’ delle cellule; se spenta o assente blocca la cardiogenesi, promuovendo la formazione di neuroni”. Ulteriori studi su questa proteina nelle cellule staminali embrionali del topo, “hanno portato all’identificazione di due nuove molecole: un recettore di membrana ‘APJ’ ed il suo ‘ligando Apelina’, entrambi bersagli dell’azione di Cripto nel processo molecolare che determina il destino cardiaco delle cellule staminali,” prosegue la ricercatrice dell’Igb-Cnr. I risultati dimostrano che “esiste una relazione funzionale fra Cripto e sistema APJ/Apelina e che queste molecole svolgono una funzione fondamentale nel differenziamento cardiaco delle cellule staminali”, continua la ricercatrice. Il lavoro apre nuovi orizzonti sia nella comprensione dei meccanismi molecolari della cardiogenesi sia nella ricerca sul cancro. Il secondo studio, anch’esso pubblicato su Circulation Research, riguarda invece la proteina Tbx1 ed è stato eseguito da Antonio Baldini, insieme al suo team. “Il gene che codifica Tbx1”, afferma Baldini, “è coinvolto nella sindrome di DiGeorge o Velocardiofacciale, una malattia genetica relativamente frequente che comporta anche difetti cardiaci”. Studi precedenti avevano evidenziato una mutazione di Tbx1 nelle cardiopatie congenite, “ma solo oggi”, chiarisce il direttore dell’Igb - Cnr, “sono certi i meccanismi regolatori. Esiste una popolazione di cellule ‘tri-potenti’ capaci di differenziare tre tipi cellulari diversi essenziali per la formazione del tessuto cardiaco: cardiomiociti, cellule endoteliali dei vasi e delle cavità cardiache, e cellule della muscolatura liscia che circondano i vasi all’interno del cuore”. Fonte: Ufficio stampa Cnr".


Salute: il  succo mirtillo migliora la memoria  degli anziani, bastano 2 tazze al giorno

Roma- La memoria dei nonni si rafforza anche a tavola. Due tazze di succo di mirtillo al giorno possono migliorare la capacità di fissare i ricordi, soprattutto negli anziani. Lo dimostra uno studio pubblicato su 'Journal of Agricultural and Food Chemistry', condotto dall'università di Cincinnati, in collaborazione con i ministeri dell'agricoltura statunitense e canadese, su un gruppo di pensionati settantenni con disturbi precoci di memoria.

Tra gli anziani volontari, per oltre due mesi, la metà ha bevuto ogni mattina il succo di mirtillo, particolarmente ricco di antiossidanti, l'altra metà una bevanda al gusto di frutta ma senza mirtilli. Tutti sono stati sottoposti a test per la memoria prima e dopo la 'dieta'. Ma se i risultati dei primi test erano comparabili in quelli successivi, il gruppo che aveva bevuto succo di mirtillo mostrava una migliore capacità di memorizzazione.

Gli autori della ricerca, coordinati da Robert Krikorian, sottolineano che diversi studi di laboratorio avevano mostrato come negli animali che invecchiano il consumo di mirtilli migliori la memoria. Ma, fino ad oggi, non erano stati realizzati studi sugli effetti di questi frutti sugli esseri umani.


Medicina: Chirurgia estetica: a nord 20%pazienti uomini,5% Sud

ROMA - Ringiovanire con la medicina? Una questione anche geografica, soprattutto quando si parla di uomini. Dal nord al sud dell'Italia, infatti, cambiano le richieste e cambiano anche i numeri: al nord c'e' una maggiore attenzione al proprio aspetto fisico e gli uomini non si fanno molti problemi a rivolgersi ad un medico professionista della bellezza. Al sud, invece, davanti alla prospettiva di un ritocchino, qualche remora c'e' ancora. Cosi', se nel Meridione solo cinque pazienti su 100 sono uomini, nelle regioni settentrionali i pazienti maschi superano il 20%. ''Nella mia esperienza, quando si parla di trattamenti estetici ho notato una netta differenza di mentalita' tra il nord e il sud del Paese, soprattutto per quanto riguarda gli uomini'', afferma il chirurgo plastico Alessandro Gennai, membro dell'Eafps (European Academy of Facial Plastic Surgery). Quello che emerge, secondo l'esperto, e' un diverso approccio: al nord la chirurgia plastica e' piu' diffusa e accettata socialmente; al sud sembrano permanere maggiori riserve. Tutto questo, nonostante in media i costi degli interventi siano piu' bassi di circa il 30% al sud rispetto


Salute: meno rughe senza fumo, sole nocivo e cibo in eccesso

Fumo di sigaretta, aumento di peso e obesità, mancanza di protezione con creme solari efficaci sono fattori da evitare per avere una pelle più giovane, con meno rughe. Dunque non è solo un fattore genetico che determina l'invecchiamento della pelle, la nascita di rughe con il passare degli anni: una corretta protezione della pelle del viso, l'abbandono di cattive abitudini e una sana alimentazione danno una mano alla giovinezza epidermica. Lo ha messo in luce uno studio americano, condotto da Kathryn Martires e pubblicato sul numero di dicembre 2009 della rivista Archives of dermatology. L'osservazione della pelle di coppie di gemelli, collegate alle cattive abitudini e ai fattori ambientali ha sottolineato l'importanza di una corretto stile di vita e della necessità di proteggere il viso con creme solari adeguate sia d'inverno che d'estate. Per combattere non solo le rughe ma anche i tumori della pelle.


Salute: con dieta sana si allontana la depressione

SYDNEY - Le donne che seguono una dieta sana (frutta, verdure e pochi grassi) rischiano meno ansia, depressione e disturbi di cuore. Secondo una ricerca dell'Universita' di Melbourne, i problemi mentali sono assai piu' frequenti nelle donne con una dieta ricca di cibi grassi o altamente raffinati. Una cattiva dieta ha effetti negativi sul sistema immunitario, e questo, attraverso un'infiammazione sistematica dell'organismo, porta scompensi psichici.


 Il legame tra sonno e stress arriva dallo spazio

Se non si dorme bene, si sa, aumenta il livello di stress e viceversa. Ma non è questa la notizia che arriva dallo spazio. Gli studi compiuti su sei astronauti impegnati nella simulazione del viaggio verso Marte previsto per l'anno 2020 hanno messo in luce la possibilità di misurare a livello individuale l'ormone dello stress, il cortisolo, e il suo legame con l'onda madre del sonno ad onde lente (Sleep Slow Oscillation). In pratica, attraverso particolari misurazioni compiute sui sei astronauti, gli scienziati italiani del Centro Extreme composto da Ifc-Cnr, Scuola Sant'Anna e Università di Pisa, hanno scoperto che c'è uno stretto legame tra la quantità di cortisolo che ognuno di noi ha e la buona qualità del sonno ristoratore che l'ormone in questione è in grado di disturbare notevolmente. È questo un primo passo per conoscere potenzialmente quanto ognuno di noi possa essere soggetto allo stress nella vita.


Studio: nessun rapporto tra tumore al cervello e cellulare

Uno studio durato 30 anni realizzato sulla popolazione adulta dei Paesi scandinavi non ha mostrato legami tra l'uso dei telefoni cellulari e l'insorgere di tumori al cervello. Lo hanno reso noto oggi gli autori della ricerca. Anche se l'uso dei cellulari è aumentato rapidamente negli anni 90 e successivamente -- hanno scritto i ricercatori sul Journal of the National Cancer Institute -- i tumori al cervello non sono diventati più comuni durante tale periodo. Alcuni attivisti e un numero ristretto di ricercatori hanno sollevato timori su un possibile legame tra l'uso dei telefonini e numerosi tipi di cancro, tra cui quelli al cervello, sebbene anni di ricerche non siano riusciti a individuare connessioni."Non abbiamo individuato nessun chiaro cambiamento nelle tendenze a lungo termine nell'incidenza dei tumori al cervello tra il 1998 e il 2003 in nessun sottogruppo", hanno scritto Isabelle Deltour e i suoi colleghi della Società di oncologia danese. Il team ha analizzato i tassi di incidenza annuale di due tipi di tumore al cervello - glioma e meningioma -- tra le persone nella fascia d'età compresa tra 20 e 79 anni in Danimarca, Finlandia, Norvegia e Svezia tra il 1974 e il 2003. Tutti i paesi dispongono di buone registrazioni di dati relative ai tumori. In 30 anni, a quasi 60mila pazienti è stato diagnosticato un tumore al cervello."In Danimarca, Finlandia, Norvegia e Svezia l'uso dei telefoni cellulari è aumentato fortemente a metà degli anni 90; perciò, i trend nell'incidenza tumorale dopo il 1998 possono fornire informazioni sul possibile rischio di tumore associato all'uso dei cellulari", dicono i ricercatori. Che hanno segnalato un piccolo costante incremento dei tumori al cervello, che però è iniziato nel 1974, prima cioè che esistessero i telefoni cellulari.


… perché l'asma bronchiale è legata a stili di vita

Più è alta la qualità della vita e più si è soggetti a reazioni allergiche e asma. I figli dei laureati sono più a rischio di sviluppare asma bronchiale rispetto ai coetanei che provengono da famiglie con un minor grado di istruzione. Il risultato "paradossale" è emerso al Congresso Nazionale della Società di Medicina Interna in cui la giornata del 25 ottobre 2009 è stata dedicata all'Asma Bronchiale, "una patologia cronica considerata malattia sociale e problema globale". Il legame che esiste tra maggior benessere socio economico e predisposizione a sviluppare questa patologia è legato alla qualità di vita più alta che determina una maggiore protezione dalle malattie infettive. "Il sistema immunitario" spiega in una nota il Professor Sergio Bonini, Ordinario di medicina interna alla II Università di Napoli "ha due meccanismi di difesa che noi chiamiamo TH1 che difende dalle infezioni e TH2 che coordina la risposta allergica. In pratica la nostra minor necessità di difenderci da batteri ed infezioni ha portato il sistema immunitario ad uno squilibrio tra TH1 e TH2 con il risultato di concentrarsi spesso su sostanze innocue dando forti reazioni allergiche e asma. In questo campo pensiamo che il futuro della medicina sia quello di creare farmaci che possano riequilibrare il nostro sistema immunitario."